È delusa e non lo nasconde, Simona Baldassarre. Bocciando a nettissima maggioranza, il suo emendamento contro l’utero in affitto, il Parlamento europeo ha perso «un’occasione storica», dichiara a Pro Vita & Famiglia l’eurodeputata leghista. Un insuccesso che comunque non scoraggia l’onorevole Baldassarre, determinata a portare ancora avanti nelle sedi europee questa «battaglia di civiltà», che non dovrebbe conoscere «colore politico».
Onorevole Baldassarre, come ha avuto origine il suo emendamento?
«L’emendamento sulla maternità surrogata, nella Relazione sui Diritti Umani e la Democrazia nel mondo, fa parte di un percorso che ho intrapreso fin dall’inizio del mio mandato a Bruxelles. L’impegno a favore della vita mi ha portato, nel settembre 2019, a costituire con altri colleghi deputati l’Intergruppo per le Sfide Democratiche. Proprio attraverso questa piattaforma, mi sono fatta promotrice a giugno dell’anno scorso, di una Lettera alla Commissione Europea, nella quale ho chiesto che l’Ue prendesse una posizione ferma, in merito alla pratica dell’utero in affitto, che rappresenta la schiavitù del Terzo Millennio. Per quanto riguarda l’emendamento bocciato, va detto che è stato il risultato di un buon lavoro. Insieme a 41 colleghi, provenienti da gruppi politici e nazionalità differenti, abbiamo chiesto che il Parlamento impedisse questo abominio. Un lavoro, ribadisco, collegiale: segno che sul tema c’è un consenso trasversale e che la battaglia contro l’utero in affitto è una battaglia di civiltà, non ha colore e non è di parte. Prova ne è l’analisi del voto: i sì e i no hanno attraversato gli schieramenti. Ci sono stati 142 voti a favore, 429 contro e 87 astenuti. E devo dire che sono amareggiata e delusa. Il Parlamento ha perso un’occasione storica. Come ho scritto in un mio comunicato: la Ue ha deciso di non tutelare la dignità della donna».
Secondo lei, quali sono i reali interessi di chi ha rigettato la sua proposta?
«Tanti elementi insieme: indifferenza, scarsa conoscenza, malafede politica, pregiudizi, ma, soprattutto, la deriva ideologica di una Ue che ultimamente sta accelerando sui temi etici, imponendo di fatto una concezione unilaterale della vita, quella arcobaleno. Basti pensare al fatto che lo scorso novembre, in piena pandemia, la maggioranza del Parlamento ha fissato le priorità del budget dell’Unione, finanziando organizzazioni Lgbt+ e femministe. E la stessa presidente Von der Leyen, in occasione del dibattito sullo Stato dell’Unione, ha elencato apertamente gli obiettivi della Commissione: rafforzare i diritti Lgbt+, l’obbligo di riconoscere la genitorialità delle coppie omosessuali, nonostante il diritto di famiglia sia competenza esclusiva degli Stati membri. Parole confermate anche dalla strategia della Commissione per l’Uguaglianza Lgbt, con l’aggiunta di una nota “alla Zan”: l’introduzione del reato di discriminazione omofobica nell’articolo 83 del Trattato sul funzionamento Ue. Su quest’ultimo io stessa sarò relatrice ombra nella Commissione per i diritti delle donne (Femm). Lavoreremo con tenacia per non permettere nessuna censura alla libertà di parola delle persone».
A suo avviso, perché troppe femministe ancora tacciono di fronte al mercimonio dell’utero in affitto?
«Questo è un argomento interessante. Da approfondire. Tutte le battaglie storiche delle femministe sono state all’insegna dell’autodeterminazione e della valorizzazione della loro identità. Sull’utero in affitto, in passato, ci sono state numerose prese di posizione nettamente contrarie a tale pratica. Ricordo, ad esempio, le femministe francesi, che con un loro documento, che fece molto scalpore, condannarono l’utero in affitto, come violazione del corpo femminile, della sua dignità. Ma la politica di sinistra, ancora oggi, evidentemente è indietro. Evidentemente, continua a prevalere una linea ideologica, di mera appartenenza laicista. Tutte le donne, invece, dovrebbero combattere l’utero in affitto: come si può accettare che il loro corpo possa essere un parcheggio per il mercato, che il loro bambino possa essere merce da spedire al committente di turno e che gravidanza e parto si possano trasformare in meccanismi commerciali da sfruttare?».
Sarà mai possibile, nonostante tutto, arrivare ad una trasversalità partitica su questi temi?
«Guardi, noi abbiamo iniziato un processo virtuoso. Già il consenso e il dissenso trasversale che si sono registrati all’atto del nostro emendamento, hanno fotografato una prima rottura, una prima scomposizione degli schieramenti. Ancora tiepida. Ma sono fiduciosa per il futuro. Da oggi in poi, porteremo avanti una grande azione di denuncia e di controinformazione, in ogni sede possibile. Non è ammissibile l’insensibilità che abbiamo colto su questo tema. Nel centrosinistra la confusione regna sovrana. A parte qualche deputato “libero”, Pd e Movimento 5 Stelle non sono riusciti ad esprimere una posizione unitaria. E sono particolarmente dispiaciuta per le scelte di alcuni colleghi di Forza Italia, che hanno preferito astenersi, piuttosto che combattere questa sacrosanta battaglia».