La possibile internazionalizzazione del reato di utero in affitto nell’ordinamento italiano stimola l’interesse intorno a quali siano i Paesi dove, al contrario, questa procedura è consentita, a titolo oneroso o anche gratuito. Le legislazioni che in qualche modo la permettono sono classificabili in base a quattro parametri fondamentali: 1) maternità surrogata commerciale o altruistica; 2) maternità surrogata consentita a coppie eterosessuali o anche a omosessuali; 3) maternità surrogata consentita soltanto a persone residenti in quel Paese o anche a stranieri; 4) maternità surrogata consentita soltanto a coppie o anche a single.
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In Europa i Paesi con maggiori restrizioni – pur essendo la pratica consentita - sono Regno Unito, Paesi Bassi, Danimarca, Portogallo, dove la surrogata è consentita solo a titolo gratuito ed è vietata – o quantomeno scoraggiata – agli stranieri non residenti. In Belgio, Ucraina, Grecia, e Georgia, la maternità surrogata non è regolamentata ma, di fatto, è ampiamente praticata: di questi quattro Paesi, in Belgio è altruistica e solo per residenti, mentre le altre tre nazioni (tristemente noto è il caso dell’Ucraina) sono diventate le principali mete europee a pagamento, sia pure per le sole coppie eterosessuali.
Bisogna andare oltreoceano perché la surrogata diventi possibile sia per le coppie etero sia per quelle omosessuali e persino ai single: ciò avviene in parte degli Stati Uniti e in Canada (dove è soltanto altruistica, tranne in Quebec dove è totalmente vietata). Negli Stati Uniti, in realtà, è consentita senza limiti soltanto in California, con un unico vincolo: la madre surrogata deve avere almeno già un figlio suo. Negli Stati di New York, New Jersey, New Mexico, Nebraska, Virginia, Oregon, Washington è consentita solo a titolo gratuito, così come in Brasile e in Australia. In Israele, la surrogata è permessa solo ai residenti eterosessuali o anche alle donne single infertili.
Altro criterio è il prezzo, che tende a salire nel caso in cui le regole siano più stringenti, come negli Stati Uniti, dove si attesta intorno ai 100-120mila euro. Si spende meno della metà (intorno ai 50mila euro), invece, nei tre Paesi europei già citati – Ucraina, Georgia, Grecia – dove l’assenza di norme certe ha determinato un vero e proprio far west procreativo.
Da segnalare, poi, tre Paesi asiatici dove la maternità surrogata commerciale è stata vietata dopo che questi erano stati per anni delle autentiche fucine di questo mercimonio: stiamo parlando di India, Nepal e Thailandia, tutti al centro, non molti anni fa, di scandali riguardanti lo sfruttamento diffuso delle donne. In particolare, in India dal 2015 la pratica è diventata gratuita e vietata agli stranieri.
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Ci sono poi quattro Paesi europei dove è proibito praticare la surrogata ma è consentito trascrivere l’atto di nascita all’estero con due padri (Germania e Austria) oppure effettuare l’adozione da parte del padre non biologico (Francia e Spagna). In Italia la trascrizione per le coppie eterosessuali che ottenevano il figlio all’estero è stata consentita (in alcuni casi i tribunali imponevano l’adozione) fino a quando, nel dicembre 2022, la Corte di Cassazione ha vietato la trascrizione automatica, ritenendo la surrogata «contraria all’ordine pubblico».
La considerazione finale che sorge spontanea riguarda la grande retorica che si è fatta in questi giorni da parte dei sostenitori della surrogata “altruistica”: come si può vedere, i Paesi che utilizzano questa formula non sono affatto la maggioranza. Nulla assicura, peraltro, che, anche con un divieto di retribuzione della gestante surrogata, sia scongiurato il rischio di accordi sottobanco, quindi di un vero e proprio mercato nero delle fecondazioni artificiali.