Paolo Becchi non finisce mai di sorprendere e di spiazzare. Pro Vita & Famiglia l’ha contattato per un parere sulle recenti sentenze di Milano e Padova (che segnano di fatto una battuta d’arresto per la maternità surrogata) ma il filosofo genovese ha invitato ad allargare lo sguardo da un lato sui principi, dall’altro sul concreto rilancio della famiglia naturale. Il modello da seguire? L’Ungheria, uno dei pochi Paesi dove la ripresa demografica è ormai una realtà e dove scenari post-umani come quello della maternità surrogata sono fuori da ogni logica.
Professor Becchi, cosa ne pensa delle sentenze di Milano e Padova, che hanno impugnato un gran numero di casi di omogenitorialità?
«Se viviamo sull’onda delle cronache o delle decisioni dei tribunali, forse perdiamo l’essenziale di quello che sta succedendo. Questa questione non nasce dalla vita ma dalla morte».
Cosa intende con questo?
«Quando parliamo di fecondazione artificiale o di maternità surrogata dobbiamo risalire ai tempi in cui sono cambiate le definizioni stesse di vita e di famiglia. Mi riferisco al momento in cui, nel 1968, un gruppo di medici stabilì che si moriva non quando il cuore cessava di battere ma semplicemente quando il cervello non funzionava più, sebbene tutto il corpo continuasse a funzionare. L’artificialità della vita nasce allora quando la definizione di morte è stata completamente cambiata: un uomo può essere morto anche quando il suo cuore continua a battere; una donna può essere morta anche se è un grado di portare una gravidanza. In questo cambiamento, i cattolici hanno una grande responsabilità, non avendo mosso un dito di fronte alla sfida. Per avere il sostegno dei cattolici si è detto che non si trattava di persone vive ma di cadaveri che però erano in grado di crescere se alimentati e persino di guarire se malati. Qualche cattolico come Joseph Seifert o qualche studioso di estrazione ebraica come Hans Jonas hanno reagito ma erano una minoranza esigua.
Dobbiamo quindi allargare lo sguardo oltre il fatto che una Procura abbia negato la trascrizione a 33 bambini e osservare il fatto che la scienza medica ha manipolato completamente la vita e per farlo come sta facendo ha dovuto innanzitutto manipolare la morte. Con questa legittimazione della morte abbiamo avuto la legittimazione dei trapianti. Con la manipolazione della vita abbiamo lo sconvolgimento di tutte le norme antropologiche fondamentali, compresa la famiglia per come l’abbiamo sempre intesa. Io vorrei richiamare l’attenzione su questo punto che, invece, per i cattolici è considerato un tabù: se dici che gli organi li espianti da persone ancora vive viene a cadere tutta la costruzione dei trapianti. Così come cascherebbe tutta la costruzione della procreazione medicalmente assistita se si cominciano a porre dei paletti».
Paletti di che tipo?
«La Legge 40/2004 è stata letteralmente smembrata dalla Corte Costituzionale ma non in un suo aspetto fondamentale: viene punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e una multa che può arrivare a un milione di euro, chi commercializza i gameti, gli embrioni e la maternità surrogata. Mi domando, però, perché nessun giudice ha indagato se vi siano stati casi di maternità surrogata o di commercializzazione dei gameti o di commercializzazione degli embrioni. Possiamo davvero escludere a priori che questo non sia avvenuto in Italia? Su questa domanda il silenzio è assoluto perché si parla soltanto di coppie che l’hanno effettuata all’estero. Qui nasce il problema: se la legge può essere aggirata in questo modo e nessuno può essere punito per un’azione che è considerata illegale, bisogna iniziare a risolvere questo problema».
Tanto è vero che il Parlamento sta discutendo la legge sul reato universale di utero in affitto…
«Reato universale può voler dire soltanto: quello che punivamo se effettuato in Italia, può essere ora punito attraverso una legge anche da persone italiane che si sono recate all’estero e che dopo essersi sottoposte a questa pratica sono tornate in Italia. Noi vorremmo che questo divieto venga esteso e che, ad esempio, Vendola e il suo compagno paghino un milione di euro. Non voglio che vadano in galera ma che paghino questa multa enorme. E se non hanno tanti soldi, che gli venga sequestrato tutto quello che hanno in casa. Dopodiché, voglio vedere quante coppie si recheranno all’estero per arrischiarsi ad ottenere una maternità surrogata. Invece, vedo che il ministro Roccella sta complicando la situazione, pensando a compromessi come l’adozione del figliastro… Si occupi meno di Lgbt, e di temi che non interessano la gran parte della popolazione e si occupi delle famiglie italiane No, io penso che il ministro dovrebbe principalmente occuparsi dei problemi gravissimi che non riguardano 33 famiglie ma milioni di giovani che non si sposeranno, non hanno una casa, né un lavoro. È il ministro della Famiglia non di lesbiche e omosessuali. È anche ministro della natalità: non di quei bambini nati in modo illegale ma di quelli che non riescono a nascere perché lei come ministro non sta facendo niente per i giovani che vorrebbero farsi una famiglia e fare dei figli».
Che consiglio dà allora il ministro?
«Ad esempio, potrebbe fare una legge di sostegno generalizzato a chi si sposa sotto i 30 anni. Faccia ciò che ha fatto il governo Orban e il ministro della famiglia ungherese: dia soldi alle famiglie».