18/10/2015

Utero in affitto – Il “No” delle femministe e del diritto

Ultimamente si sta diffondendo in maniera sempre più allarmante una pratica che viene presentata come un elemento di progresso, ma che di fatto reintroduce la schiavitù nella nostra società: il cosiddetto “utero in affitto”, nel gergo politicamente corretto detto anche “maternità surrogata” o “gestazione per altri”, quasi che il cambiamento del lessico comportasse anche la modifica della realtà.

Come abbiamo già scrittovenerdì 23 ottobre si terrà presso l’Università degli studi di Verona una giornata di studi dal titolo “La Gestazione per Altri”.

Sinceramente non si capisce perché si debba tenere una ‘giornata studi’ su una pratica non solo vietata sul suolo italiano, ma anche proibita agli stessi cittadini italiani che ne volessero far uso all’estero per poi rientrare in Italia falsificando, come raccontano le recenti cronache, i certificati di nascita e di cittadinanza dei bambini (Corte di Cassazione, sent. n. 24001/2014). La risposta, facilmente ipotizzabile, potrebbe essere quella che si intende far luce su una realtà che all’estero esiste: insomma, se esiste, perché non parlarne?

utero in affitto_Verona_TrentoCerto, ovvio, naturale, peccato poi che i titoli dei vari interventi svelino chiaramente il reale intento della ‘giornata studi’: “Liceità ed illiceità della GPA nel caso di fattispecie interamente italiane”, “Paternità gay e GPA: Stress di minoranza, genitorialità e benessere dei figli”, “La GPA all’estero e percorsi transfrontalieri”. Anche la composizione e il curriculum dei vari relatori che interverranno non lascia dubbi sul vero orizzonte che ci si pone, tanto che l’ordine degli avvocati riconosce a questo incontro crediti formativi, quasi ad affermare che si sta aprendo un nuovo filone di possibili clienti. Che il tutto sia illegale non interessa: pecunia non olet.

Sebbene basti un minimo di buon senso nel condannare tale pratica, si potrebbe ricordare agli organizzatori dell’incontro veronese la presa di posizione sulla tematica dell’Unione delle Femministe Europee (le italiane non sono pervenute) alla Conferenza dell’Aia del febbraio 2015. Tra le tante affermazioni e studi scientifici riportati, si può infatti leggere: “Senza dubbio i numerosi usi della maternità surrogata pongono questioni molto serie in termini di bioetica, diritti umani e della dignità della persona umana e del suo corpo”. (p. 5). “La surrogazione è una pratica di sfruttamento che aliena sia la madre, sia il bambino che ha portato in grembo e messo al mondo. È al centro di un mercato enorme la cui crescita è particolarmente inquietante. La madre surrogata non solo mette l’utero, ma anche il suo intero corpo insieme alla mente a disposizione della controparte, per ‘produrre’ un bambino a cui si intende che lei debba rinunciare alla nascita” (p. 7) . Ma ancora: “È curioso assistere da un lato alla crescita di numerosa letteratura piena di incoraggiamento da parte di pubbliche autorità e volta ad avvalorare il legame madre‐bambino prima del parto, e dall’altro – e in totale contraddizione – allo sviluppo di un discorso che, per sostenere la maternità surrogata, sostiene che questi legami sono insignificanti e possono essere negati senza causare danni” (p. 8).

Se questo non bastasse, si può guardare anche al campo giuridico. La pratica dell’utero in affitto è infatti in palese contrasto con: la Convenzione sulle adozioni internazionali (dove si proibiscono sia accordi precedenti la nascita di un bambino sia remunerazioni, monetarie o di altro tipo, per ottenere la cessione del bambino); la Convenzione delle Nazioni Unite sulla schiavitù (l’art. 1 definisce la schiavitù come “lo stato o la condizione di un individuo sul quale si esercitano gli attributi del diritto di proprietà o alcuni di essi”) e la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo (art. 7 “Il fanciullo ha diritto conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi”; art.9 “il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà”; art. 35 “impedire la vendita o la tratta di fanciulli per qualunque fine e sotto qualsiasi forma”).

Invece di organizzare ‘giornate di studio’ come quella di Verona sarebbe quindi auspicabile che venisse promossa, da tali giuristi, una convenzione internazionale per l’abolizione dell’utero in affitto, basandosi sul modello realizzato contro la schiavitù del 1926 e pratiche equiparabili alla schiavitù del 1956. Questo con lo scopo di renderne pienamente efficace il divieto e di favorire quegli Stati che – per fortuna! – ancora oggi proibiscono tale pratica e che, nella situazione attuale, appaiono come discriminanti (e discriminati) in quanto ‘costringono’ i propri cittadini a recarsi all’estero per aggirare la legge nazionale.

Francesco Giacopuzzi

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI

LEGALIZZAZIONE DELLE UNIONI CIVILI

 

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