Abbiamo già scritto di come sia fiorente, in Ucraina, il mercato di esseri umani, generato dalla pratica iniqua dell’utero in affitto (cui abbiamo dedicato la nostra rivista di gennaio). Da quanto afferma un articolo di TPI News, negli ultimi due anni la richiesta della cosiddetta “maternità surrgata” sembra essere aumentata del 1000%.
A cosa è dovuta tutta questa affluenza? Pare che il concentrarsi di tali richieste proprio in Ucraina sia dovuto alla chiusura dei più noti centri che, in Asia, si occupavano di “maternità surrogata”, a causa di scandali sullo sfruttamento delle donne coinvolte.
Così, in breve tempo il Paese è diventato meta di “turismo per l’utero in affitto”. Infatti, le leggi statali riconoscono come genitori biologici quelle coppie che fanno ricorso a questa pratica per comprarsi un “figlio” (come fosse un giocattolo) e quindi, tornate in patria con il bambino, sarà più semplice per loro inserire legalmente il piccolo nel nucleo familiare.
Dopo la grave crisi economica, che ha reso l’Ucraina uno degli stati più poveri d’Europa, e la guerra civile, è diventato molto facile sfruttare il corpo delle donne che vogliono riscattarsi dall’indigenza. Inoltre, potendo esse stesse stabilire il prezzo di tale “prestazione”, sono, di fatto, ampiamente incoraggiate nel dare in affitto il proprio utero.
Infine, nato il bambino, la coppia acquirente ha tutto il diritto di strappare il piccolo dal ventre materno della donna che lo ha partorito, che è a sua volta obbligata a firmare il documento di rifiuto.
E se nel grembo materno si scopre che non c’è “merce di buona qualità“ (ad esempio un bambino malformato, disabile o con Sindrome di Down) il verdetto è, ovviamente, l’aborto.
Ma è veramente, quello dell’utero in affitto, un segno di “progresso“ nel rispetto della dignità della donna e dei diritti umani?
Redazione
per un’informazione veritiera sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’ aborto