23/08/2015

Utero in affitto, madri indegne, madri surrogate e tanta ipocrisia

All’idea di un neonato subito allontanato dalla madre, perché magari aveva dato l’utero in affitto, molti benpensanti non fanno una piega.

Ha fatto, invece, scalpore nei giorni scorsi la notizia del bambino allontanato da un’ordinanza del tribunale dalla cosiddetta “coppia dell’acido” pochissimi giorni dopo la sua nascita. In particolare  il PM ha decretato la totale ed irreversibile inadeguatezza della madre, Martina Levato, a compiere tale funzione, pertanto il bambino è stato dichiarato in stato di abbandono e quindi adottabile.

Tale avvenimento ha immediatamente suscitato un moto di protesta da parte delle grandi testate legato all’inopportunità di separare un bambino così piccolo dal seno di chi l’ha partorito e facendogli pagare colpe che sicuramente non sono sue. Senza entrare nel dettaglio delle motivazioni che hanno portato a tale sentenza,  il moto di indignazione può essere sicuramente legittimo e condivisibile, ma è strano e ipocrita che le stesse voci non si levino quando si parla di utero in affitto:  lì pare che la separazione forzata del bambino dalla madre sia segno di progresso e di civiltà.

Daniela Monti, sulla 27 ora dice, a proposito del figlio della Levato: “A quel bambino abbiamo già tolto il diritto al primo sguardo materno, alla prima poppata, al primo rapporto esclusivo – visivo, gestuale, di nutrimento – con la madre su cui tanti studi insistono, rintracciando proprio in quei primi istanti amorevoli le basi per un corretto equilibrio psichico e relazionale“.

Bludental

Su il blog di “io donna” Martina Terragni fa intelligentemente notare che le stesse cose valgono quando il bambino viene tolto dalla madre affitata e dato alla coppia committente.

Gli “studi” citati da Daniela Monti per condannare la sentenza della Lovato non possono essere citati per osteggiare la maternità surrogata?

La neolingua ha inventato  il “diritto a un figlio” in nome di un (falso) principio di uguaglianza. E il principio del “love wins” non può essere messo in discussione, per il semplice motivo che questo simpatico motto ha la pretesa dogmatica di assolutismo.

È questo che accade. Il fatto ovvio, naturale e bellissimo della nascita e quindi della maternità si è trasformato. Il principio  Mater semper certa est, nell’epoca del commercio di ovuli ed impianti di embrioni non è più valido. I giudici sono chiamati sempre più a dirimere questioni come queste. Chi veramente è la madre di un figlio nato da queste pratiche? Chi ha fornito l’ovulo? La donna che ha affittato il suo utero?

In Italia il provvedimento del Tribunale Roma 20/08/2014 risolve la diatriba tra le coppie vittime dello scambio di embrioni fecondati in vitro all’ospedale Pertini di Roma afferma: “La maternità naturale è ancora oggi legata al fatto storico del parto“.

Per tale motivo, al di là della provenienza genetica dei gameti, la madre è considerata (almeno per ora, in Italia) colei che dà alla luce il figlio.

Ma lentamente sta prendendo piede, e sta sopravanzando la natura, il concetto di madre sociale.

In sostanza un “fatto” reale che non dovrebbe essere oggetto di discussione viene ormai reso oggetto di libera interpretazione. Un figlio diventa tale solo se “voluto”. E l’essere voluto vuol dire anche commissionato tramite la pratica della surrogazione. Perché colei che ha dato alla luce un figlio su commissione NON è più la madre, in quanto tale figlio non lo vuole. Il suo status di madre viene perso in base alla sua non volontà di tenere il “prodotto del concepimento”. La madre diventa colei  che ha commissionato (o meglio comprato) il bambino. E se è un maschio, non fa niente (David Furnish, l’amante di Elton John, all’anagrafe risulta “madre” dei due “figli sintetici” che hanno comprato)

E quel rapporto carnale di cui si è parlato in occasione del caso Levato?

Non se ne parla più. La realtà diventa oggetto di libera interpretazione, tutto è possibile. Anche che i diritti dei  soggetti più deboli vengano costantemente calpestati.

Ferdinando Costantino

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DALLA LEGGE CIRINNA’

 

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