Questo caso di utero in affitto finito male, con gran dolore per la madre e per il bambino, non si sarebbe mai verificato se la legge positiva innaturale e disumana non consentisse la fecondazione artificiale e la compravendita di gameti e di persone.
Lo ha riportato Lifesitenews.com.
Una donna e un uomo rumeni residenti in Inghilterra (H e S) erano tanto amici da decidere di avere un figlio insieme: si tratta di “co – parenting”, senza essere né sposati, né amanti. Lui è omosessuale.
Lei si fa inseminare artificialmente col seme di lui e resta incinta.
Nel Regno Unito la cosa è legale, ma il tutto deve avvenire a titolo gratuito (salvo rimborso spese, che quindi tanto gratuito non è).
Poi però H e S litigano, finisce l’amicizia e loro finiscono davanti a un giudice: lei sostiene che voleva il figlio per sé e che S era solo un donatore di sperma; lui sostiene che voleva il figlio per sé e per il suo compagno e che H era solo una “concedente” l’utero.
Il giudice analizza il caso, vede il contratto che è stato stipulato, e alla fine ordina ad H di cedere il bambino alla coppia gay. Ritiene infatti, il giudice, che la donna sia colpevole di omofobia.
Il bambino è stato quindi allattato dalla madre (madre biologica, oltre che gestazionale) per l’ultima volta in una saletta adiacente alla cancelleria del tribunale e consegnato ai suoi “due papà”. Quella donna non lo rivedrà più, quel bambino non avrà più una mamma.
Redazione