Finalmente sono cadute le maschere. Il disegno di legge per rendere l’utero in affitto reato universale, la cui discussione alla Camera è iniziata alle 14 di lunedì 19 giugno, già si distingue in positivo, facendo piazza pulita di equivoci che duravano da tempo. Il primo è quello secondo cui non ci sarebbe, in Italia, chi sta spingendo affinché l’utero in affitto diventi legale: invece c’è, eccome se c’è. Per esempio il radicale Riccardo Magi, il quale in Aula non solo ha esposto il cartello «genitori, non criminali», ma - nel suo intervento contro la proposta di legge di Fdi per rendere l’utero in affitto reato universale - ha fatto presente di averne da poco depositato a sua volta uno, di ddl, in favore della «gravidanza per altri solidale».
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Non da meno è stato l’onorevole dei Verdi Marco Grimaldi il quale, in una frase giustamente definita choc, ha a sua volta legittimato apertamente la pratica della maternità surrogata, avventurandosi, sulle ali letterarie di Michela Murgia, sulla bizzarra distinzione tra «maternità» e «gravidanza». Non siamo ancora, è vero, alla madre liquidata come «concetto antropologico» - come incredibilmente toccò sentire ai telespettatori di un programma di La7 nel 2016 -, ma la strada è senza dubbio quella.
Tanto che, come ha ben osservato il vicedirettore della Verità Francesco Borgonovo commentando la prima giornata di lavori alla Camera sul ddl per rendere l’utero in affitto reato universale, si può dire che tra i verdi «e i radicali è stata una gara a celebrare le virtù della surrogazione, una sorta di spottone che (teoricamente) sarebbe addirittura vietato dalla legge attualmente vigente» (La Verità, 20.6.2023, p.9). Questo succede perché, come si diceva in apertura, finalmente le maschere sono cadute. E non solo in Parlamento, ma anche nel Paese, con l’affannosa corsa delle coppie committenti all’estero, come ricordato per esempio anche da Repubblica, «prima del "reato universale"»; perché poi, se passa la legge, saranno dolori.
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Ecco, a proposito di passaggio della legge: il punto è tutto qui. Bisogna far presto. La partita giocata a volto scoperto da un plotone di parlamentari che si sono detti a favore della «gravidanza per altri solidale» - nei fatti identica per il bimbo, che viene commissionato tanto quanto nell’utero in affitto vintage, e molto simile anche per la mamma surrogata (i “rimborsi spese” occidentali sono spesso più alti dei compensi delle surrogate dei Paesi poveri) – è abbastanza per capire che davvero non c’è tempo da perdere. Anche perché la maggioranza di governo alla Camera ha numeri solidi. La musica è diversa al Senato, ma la pdl per rendere in affitto l’utero universale ha comunque buone chances di successo. Se c’è la determinazione, si può portare a casa la legge addirittura entro l’estate.
Altrimenti subito dopo. L’importante è non perdere l’attenzione, restando concentrati e ricordando che qui non si tratta di criminalizzare nessuno: si tratta invece di fermare un mercato barbato che rende i figli merce e le donne incubatrici. Altro che «autodeterminazione della donna», come pure alla Camera si è provato a dire, fingendo di non sapere che l’utero in affitto è anzitutto un contratto attorno al quale girano barche di quattrini. «Follow the money», diceva decenni or sono il giudice Giovanni Falcone, indicando la strada per ricostruire i business poco limpidi o addirittura criminali. E «follow the money», decenni dopo, resta ancora la via giusta per capire perché si vuole sdoganare l’utero in affitto; e perché, pertanto, bisogna fare presto per renderlo reato universale.
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