Lunedì 23 novembre, la Commissione per gli affari sociali, salute e sviluppo sostenibile dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, a Parigi si riunirà, tra le altre cose, per discutere di utero in affitto: “I diritti umani e le questioni etiche legate alla maternità surrogata”.
La relazione sarà presentata dalla senatrice belga Petra de Sutter, ginecologo e presidente del Dipartimento di Medicina della Riproduzione presso l’Ospedale Universitario di Gant, che è uno dei quattro ospedali belgi in cui si pratica l’utero in affitto, senza regole, perché l’ordinamento giuridico belga non disciplina in alcun modo la questione. La De Sutter ha detto il 3 febbraio di quest’anno al quotidiano belga La Libre: “Io sono a favore di un regime liberale di maternità surrogata, ma bisogna agire contro ogni forma di commercializzazione”.
Ci chiediamo come possa essere a titolo perfettamente gratuito una pratica che di per sé ha costi altissimi.
Nel 2011 il Parlamento Europeo in una risoluzione aveva deliberato che gli Stati membri devono considerare i gravi problemi connessi alla maternità surrogata, perché l’utero in affitto rappresenta una forma di sfruttamento del corpo femminile. Ma non solo.
E’ bene ricordare anche che i bambini diventano oggetti di compravendita, e che sono volutamente separati dalla madre, in violazione della Convenzione sui Diritti del Bambino che afferma che ogni bambino ha il diritto di conoscere i suoi genitori e di essere allevato da loro (articolo 7.1). Va da sé che il neonato di per sé non ha modo di tutelare i suoi diritti: sta alla società civile tenerli in considerazione.
Il Consiglio d’Europa (e l’organo giudiziario che gli fa capo, la CEDU) è la più antica organizzazione europea, istituita per la tutela dei diritti umani nell’immediato dopoguerra: dovrebbe quindi essere in prima linea, chiaramente schierato a riguardo.
Ci auguriamo, quindi, che i membri della commissione per gli affari sociali, salute e lo sviluppo sostenibile di tale nobile consesso vogliano affrontare questo grave problema alla luce dei diritti inviolabili dei soggetti più deboli vittime di questa ignobile pratica. E si preoccupi della tutela fisica e psichica delle donne e dei bambini che ne sono vittime, anche se fosse il tutto a titolo gratuito.
Francesca Romana Poleggi