Dare ai bambini nati gravemente prematuri una possibilità di sopravvivenza. È questo l’obiettivo di un team di ricercatori che, in Olanda, sono stati destinatari di un progetto di finanziamento di 2,9 milioni di euro da parte dell’Unione Europea.
La ricerca, infatti, mirerebbe a inventare un utero artificiale in grado di ricreare le condizioni biologiche del ventre materno, dal liquido amniotico al battito cardiaco della madre. Secondo quanto riportato dal Guardian, gli studiosi della Eindhoven University of Technology, avrebbero sviluppato una sorta di prototipo destinato per le cliniche e che andrebbe a sostituire anche le incubatrici attuali. Il modello che si sta costruendo, infatti, avvolgerà il bambino nel liquido e gli fornirà ossigeno e nutrimento tramite una placenta artificiale che sarà collegata al loro cordone ombelicale.
Lo studio dei ricercatori olandesi, però, se da una parte può rappresentare un grande successo per la medicina e, quindi, per le gravidanze difficili e per salvare i bambini nati prematuramente; dall’altra solleva molti dubbi e perplessità dal punto di vista etico, per un uso improprio e aberrante di questo strumento.
Quali potrebbero essere, infatti, gli scenari se si pensasse di usare l’utero artificiale per sostituire una gravidanza naturale? La tecnologia, infatti, apre la strada a dubbi di carattere etico e soprattutto alla preoccupazione che si possa aprire un vero e proprio vaso di Pandora e arrivare, alla fine, alla degenerazione di usare lo strumento artificiale in alternativa anche all’utero in affitto e finire, dunque, per creare un vero e proprio “utero in affitto… artificiale”.
La speranza, quindi, è che il progresso medico e scientifico vada di paripasso con la consapevolezza etica di fare il bene delle donne e dei bambini nel grembo materno. Dunque utilizzare le nuove tecnologie solo ed esclusivamente per salvare vite umane, dare una speranza – in questo caso – ai bambini nati prematuramente e mai usando donne e bambini come oggetti di commercio.