L’episcopato brasiliano contro la bozza di riforma delle norme sull’aborto. «La nostra civiltà è stata costruita scommettendo non sulla morte, ma sulla vittoria sulla morte»
Sorpresa e preoccupazione sono state espresse dal vescovo di Camaçari e presidente della Commissione della pastorale per la vita e la famiglia della Conferenza episcopale del Brasile, monsignor João Carlos Petrini, in merito alla decisione del Consiglio federale di medicina (Cfm) che difende e sostiene il diritto all’aborto entro la dodicesima settimana di gestazione.
A preoccupare fortemente la Chiesa in Brasile è la legalizzazione dell’aborto prevista nella bozza di riforma del codice penale.
«La decisione del Consiglio federale di medicina favorevole all’interruzione della gravidanza entro la dodicesima settimana, come previsto dalla proposta del nuovo codice penale, in discussione al Senato — ha sottolineato il vescovo — ha sorpreso non poco la società brasiliana. Le immediate reazioni negative a questa posizione dimostrano la preoccupazione di coloro che difendono la vita umana dal concepimento fino alla morte naturale».
Secondo il presidente della Commissione della pastorale per la vita e la famiglia «il dramma vissuto dalle donne a causa di una gravidanza indesiderata o di circostanze che rendono difficile sostenere una gravidanza, può portarle alla disperazione e alla dolorosa decisione di abortire. È un errore pensare che l’aborto sia la soluzione giusta. La nostra civiltà — ha proseguito monsignor Petrini — è stata costruita scommettendo non sulla morte, ma sulla vittoria sulla morte». Al riguardo il presule ha ricordato i numerosi ospedali, lebbrosari, case di cura per ospitare disabili fisici e psichici realizzati dalla Chiesa. «E non dimentichiamoci le beate Madre Teresa di Calcutta e suor Dulce dos Pobres, così come le migliaia di persone che, ogni giorno, dedicano il loro tempo a difendere e a promuovere la vita umana e la sua dignità».
Inoltre, il vescovo ha posto l’accento sulle Costituzioni dei principali Paesi occidentali che hanno una prospettiva ampiamente positiva alla vita. «La Costituzione federale del Brasile, nel suo articolo 1 — spiega monsignor monsignor Petrini — afferma che la Repubblica federativa del Brasile, ha come suo fondamento la dignità della persona umana. E all’articolo 5 garantisce l’inviolabilità del diritto alla vita. Ciò aiuta a prevenire l’aborto con l’attuazione di politiche pubbliche che creano forme di sostegno per le donne in gravidanza anche in situazioni di vulnerabilità e di rischio. Questa — ha aggiunto — è la soluzione migliore sia per il nascituro, la cui vita va senz’altro protetta, sia per la donna, che si sente così realizzata quando riesce ad avere le condizioni per portare a termine la gravidanza, evitando il dramma e il trauma dell’aborto».
Secondo il presule, il Consiglio federale di medicina nell’esprimersi a favore dell’aborto entro la dodicesima settimana di gravidanza non sembra aver preso in considerazione tutti i fattori che entrano in gioco in situazioni che si intendono affrontare. «La sua decisione, che non ha avuto l’unanimità dei Consigli regionali brasiliani, trasmette un messaggio forte e chiaro: “quando qualcuno disturba, può essere eliminato”».
Per giustificare la propria posizione, il Cfm ha ricordato l’autonomia della donna e del medico, ignorando completamente il nascituro. «Quest’ultimo — ha spiegato monsignor Petrini — non è un insieme di cellule privo di significato, ma è un essere umano con un’identità biologica ben definita, con un codice genetico proprio. Protetto nel grembo materno, il nascituro non è un pezzo del corpo della sua genetrice, ma è un essere umano vivente con una propria individualità. A questo proposito convergono dichiarazioni di genetisti e biomedici».
Per il vescovo di Camaçari, tutti questi fattori devono essere considerati nel complesso dibattito sull’aborto, riconoscendo i diritti del nascituro, tra i quali il diritto inviolabile alla vita che viene prima di tutto. Il presule auspica «che i legislatori siano in grado di prendere in considerazione tutti gli aspetti della questione a portata di mano e che sia possibile un dialogo efficace per ampliare l’uso della ragione. L’uso corretto di quest’ultima — ha concluso — non escluderebbe nessun fattore riconoscendo i diritti del nascituro, che primo fra tutti è il diritto inviolabile alla vita. Così, sarà possibile legiferare a favore del vero bene della donna e del nascituro, e si consoliderà lo Stato democratico, repubblicano e laico che tanto desideriamo».
Secondo Paulo Fernando Melo, vice-presidente del movimento Pró-vida e Pró-família e membro del comitato di bioetica dell’arcidiocesi di Brasilia, «il cattolico è purtroppo alienato dalla vita politica. Tra i cattolici si è creata la mentalità che, poiché lo Stato è laico, le persone non possono esprimere i loro valori etici e religiosi nel mondo della politica. Tale mentalità è assurda, perché sappiamo che ogni legge manifesta un ethos, una visione del mondo e un quadro di valori».
Fonte: L’Osservatore Romano