03/06/2018

Vescovi rumeni ricordano a giudici UE la realtà sul matrimonio

Rilanciamo il comunicato stampa della Conferenza episcopale romena, a proposito della ridefinizione del termine “coniugi” e del matrimonio che si opera nei tribunali e in sede legislativa: cambiare i termini, non cambia la sostanza delle cose, ma crea confusione e disorientamento. In proposito si attende il prossimo 5 giugno una sentenza della Corte Europea di Lussemburgo, su un caso di cui avevamo parlato qui.

La Conferenza episcopale della Romania prende atto dell’imminente sentenza della Corte di giustizia del Lussemburgo sulla decisione dell’Unione europea nella causa Coman e altri contro l’Ispettorato generale per l’immigrazione e ribadisce con fermezza in questa occasione la verità sul matrimonio e il significato del termine “coniugi” secondo la dignità della persona umana e il piano di Dio.

I ricorrenti, una coppia formata da due uomini di cittadinanza romena e statunitense, rispettivamente sposati in Belgio nel 2010, hanno chiesto alla Corte di Lussemburgo, attraverso la Corte costituzionale della Romania, di chiarire se il termine “coniuge” della direttiva 2004/38 sul diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di spostarsi e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri si riferisce anche al coniuge omosessuale e se la Romania è obbligata a concedere quindi all’americano il diritto a soggiornare per un periodo di più di tre mesi come caso di ricongiungimento familiare. L’Ispettorato generale per l’immigrazione aveva precedentemente rifiutato la loro richiesta al riguardo.

L’11 gennaio 2018, l’avvocato generale Melchior Wathelet ha espresso la sua opinione in questo caso. Proponeva praticamente alla Corte di Lussemburgo di ridefinire il termine “coniuge” nel campo della libertà di circolazione e di residenza dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari in modo da includervi le coppie  dello stesso sesso. In altre parole, suggerisce di ridefinire il matrimonio a livello di Unione europea (la decisione del tribunale di Lussemburgo sarà obbligatoria per tutti gli Stati membri), in quanto, se viene ridefinito il termine “coniuge”, viene ridefinito anche il “matrimonio”.

La differenza sessuale tra i coniugi è l’essenza del matrimonio, e questo, anche se nel presente caso questa ridefinizione opera (per il momento) solo nel campo dell’immigrazione.

Nel codice civile rumeno, secondo la tradizione della nazione rumena, il matrimonio è l’unione stabile ed esclusiva tra un uomo e una donna che è la base della famiglia. Da ciò consegue che qualsiasi altra unione non potrebbe essere né equiparata a questo legame né definita dal termine di “matrimonio”. Pertanto, la decisione dell’Ispettorato generale per l’immigrazione è legittima, logica e in profondo accordo con l’anima e lo spirito del popolo rumeno. Inoltre, questa decisione non riguarda necessariamente il diritto di soggiorno dei cittadini degli Stati Uniti sul territorio rumeno, ma piuttosto il rispetto della dignità del matrimonio e della sua natura.

La Conferenza episcopale rumena ritiene che la decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea non debba adoperarsi in un’opera di ingegneria sociale ridefinendo il termine “coniuge”, e implicitamente quello del “matrimonio”. Invitiamo la Corte a continuare a proteggere il matrimonio e a rispettare e riaffermare ciò che realmente è, come è stato definito nella cultura giudaico-cristiana.

Alla fine, il ruolo della legge, e implicitamente della giustizia, è quello di proteggere la famiglia attraverso il matrimonio, dicendo e sostenendo ciò che il matrimonio è. Pertanto, la definizione di matrimonio, e implicitamente di coniugi, non è qualcosa di arbitrario. È basata sulla natura umana e sui bisogni della persona umana.

Ogni bambino viene nel mondo dall’unione di un uomo e una donna. Il primo bisogno di un bambino, al fine di svilupparsi pienamente, è l’educazione. Poiché l’educazione di un bambino è un lavoro lungo, vasto e complesso, ha bisogno dell’unione stabile dei suoi genitori – sua madre e suo padre. Questa unione stabile dei genitori per l’educazione dei loro figli si chiama famiglia. Poiché la stabilità della famiglia è fondamentale, è garantita da un impegno legale, pubblico e solenne degli sposi, anche fin dall’inizio della loro unione. Questo li mantiene responsabili in futuro.

Questo è chiamato il matrimonio.

Pertanto, il matrimonio è definito come l’unione esclusiva e duratura tra un uomo e una donna al fine di fondare una famiglia e di accompagnare i loro figli al loro sviluppo integrale umano. Quindi, la differenza sessuale degli sposi, l’unione permanente, l’apertura a una nuova vita e il dovere dei genitori di educare i loro figli sono l’essenza del matrimonio.

«Il ritorno alla realtà stessa è obbligatorio», diceva Husserl. Questo ritorno è una responsabilità storica dell’inizio del terzo millennio. Senza violare in alcun modo la libertà di pensiero, il ritorno alla realtà stessa non significa la difesa delle nostre idee, dando loro un posto speciale in una moltitudine di idee. Significa ristabilire il primato della realtà sull’idea, del reale sul virtuale, dell’essere sull’esistenza, dell’esperienza comune – che si impone nella vita di ogni essere umano – sull’ideologia. Il ritorno alla realtà così com’è significa il ritorno a ciò che  è venuto dalla mano del Creatore all’inizio. Si tratta di comprendere la ragione e le conseguenze della decisione del Creatore per l’essere umano di esistere come uomo e donna.

Concludiamo con una riflessione del personaggio di Tommaso Moro nell’opera teatrale di Robert Bolt “Un uomo per tutte le stagioni” per ricordare che gli esseri umani non possono alterare le leggi di Dio e le leggi della natura: «Alcuni uomini pensano che la Terra sia rotonda, altri la pensano piatta (...) Ma se è piatta, il comando del Re la farà diventare tonda? E se è tonda, il comando del Re la renderà piatta? No».

Fr. Francisc Ungureanu 
Segretario generale

(traduzione non rivista dall’Autore a cura della Redazione)

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