27/12/2013

Viva la vida!

In Spagna la decisione di limitare l’aborto e reintrodurre la fattispecie di procurato aborto nel codice penale ( non si punisce la donna, ma gli operatori sanitari) ha sollevato un vespaio di polemiche e la protesta delle solite Femen, che potete leggere
per esempio qui http://qn.quotidiano.net/esteri/2013/12/23/1000830-femen-spagna-blitz-aborto-restrizioni-governo-rajoy.shtml.
Tra i tanti commenti e le riflessioni positive sulla nuova normativa spagnola segnaliamo ai nostri lettori il bell’articolo di Ferrara di qualche giorno fa http://www.ilfoglio.it/soloqui/21196, e l’articolo di Fernanado De Haro sul Sussidiario
http://www.ilsussidiario.net/News/Editoriale/2013/12/24/La-Spagna-cancella-l-aborto-e-Zapatero-/454482/.
C’è anche chi getta acqua sul fuoco, però: il nostro amico Federico Catani ci chiede di gioire, sì, ma con moderazione (ndr):

GIOIA SOBRIA SULLA SPAGNA. RICORDIAMO LE PAROLE DI MONS. GUERRA CAMPOS
Il fatto che il governo spagnolo voglia modificare la legge sull’aborto, facendo retromarcia rispetto all’estremismo di Zapatero è cosa buona. Le restrizioni proposte costituiscono un segnale importante, che dimostra come nessuna legge sia intoccabile e che sul tema dell’aborto si può e si deve discutere. Il movimento pro-life però non può cantare vittoria. Certamente ha avuto una boccata d’ossigeno, ma questo deve servire solo da stimolo a combattere sempre di più e con sempre maggior decisione per raggiungere l’unico risultato davvero soddisfacente: l’abrogazione di ogni legge abortista, ciò che non è ancora accaduto in Spagna, nonostante il clamore mediatico. Anzi, il Partito Popolare, che dovrebbe rappresentare il mondo cattolico, si è reso direttamente responsabile di una legge che permette l’aborto. E questo non è e non potrà mai essere accettato. Partiti e movimenti che difendono la vita (http://cxvida.blogspot.com.es/) e che domani 28 dicembre scenderanno in piazza per lottare contro la strage degli innocenti in atto, hanno fatto sapere che non c’è nulla da festeggiare. La riforma della normativa, infatti, nonostante l’apparenza, non tutela il nascituro e continuando a parlare di possibilità di abortire (fino a 22 settimane di gestazione, cioè ben 5 mesi!) per ragioni di salute fisica e psichica della donna, in concreto continua a permettere l’aborto libero. Perciò il movimento pro-life non si lasci ingannare, ma resti più unito che mai nella lotta.
A tal proposito è bene riproporre quanto scrisse mons. José Guerra Campos (1920-1997), vescovo di Cuenca, nel luglio 1985, quando nella “cattolicissima” Spagna venne legalizzato l’aborto. Il giorno dell’approvazione della legge (12 luglio 1985) venne definito dal vescovo “infausto nella storia della Spagna”. Nella sua lettera pastorale, mons. Guerra Campos parlò di “legalizzazione di un delitto”, di “legge permissiva di una strage di innocenti” e non ebbe paura di dichiarare che a causa dell’abbondanza dei feticidi, “nel mondo attuale il problema dell’aborto è qualitativamente e quantitativamente il più grave, più del terrorismo”. Il vescovo di Cuenca disse che di fronte alla legge in questione «non vale invocare il pluralismo dei pareri né rassegnarsi con una semplice manifestazione di opinioni, come se il tutto fosse un’amabile conversazione» e condannò il silenzio generale dell’opinione pubblica in merito. Un silenzio complice del crimine legittimato dalla legge, la quale, «finché dura, va denunciata, respinta, si deve esigere la sua revoca». Aver approvato una normativa simile, è gravissimo, sosteneva, perché sempre la legge “funziona non come espressione di benignità penale, ma come incentivo e come giustificazione”. Tra l’altro, «dire che questa legge è soltanto permissiva e non obbliga nessuno è un inganno crudele: infatti è legge permissiva di una strage di innocenti e condanna alla mancanza di difesa le vittime dell’ingiusta aggressione».
Continuava Guerra Campos: «è molto comodo per alcuni, mentre scorre il sangue e i bambini sono squartati, pretendere di far tacere le voci di protesta, destreggiandosi con cinica eleganza da guanti bianchi con parole come “tolleranza”, “convivenza pacifica”, “moderazione”, “regolamentazione di una realtà esistente”. Cosa significa tutto questo, quando ciò che si fa consiste nell’autorizzare e nel favorire il delitto ai danni dei più deboli e dei più innocenti? Che senso ha un così falso fiume di chiacchiere, se non essere il sintomo di una società in decomposizione? Tali parole possono costituire la reazione di un organismo sano? Si può ammettere la sincerità di questo linguaggio? Accettano che altri lo utilizzino quando quelli che parlano così si sentono vittime dell’aggressione?». Il vescovo spagnolo notò pure la contraddizione di una Costituzione che formalmente riconosce il “diritto alla vita”, ma «nella sua concreta applicazione giuridica permette di uccidere qualcuno». Mons. Guerra Campos affermò che «tutte le persone e le istituzioni responsabili [della legge sull’aborto n.d.r.] sono sprofondate nell’indegnità, dalla quale non usciranno finché continui a salire, benché sia soffocato, il grido delle vittime innocenti». E ancora: «finché sarà legale uccidere quanti vivono nelle viscere delle loro madri, tutta la nazione resta macchiata».
I pro-life rileggano l’eccellente documento del prelato spagnolo, se del caso facciano un esame di coscienza, e poi ritornino all’attacco per la difesa della vita. Questo vale anche per l’Italia, ovviamente (ricordiamoci della IV Marcia per la Vita del prossimo 4 maggio a Roma!).

Federico Catani

Festini

 

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