In una situazione del genere, di indubbia grande sofferenza e difficoltà nel vedere segnato dalla patologia il proprio destino, è fondamentale il supporto di chi è al fianco del malato. Le cure palliative, un’adeguata assistenza economica e sanitaria e la vicinanza dei cari, in casi simili, sono indispensabili, se non per eliminare del tutto la sofferenza, almeno per dare slancio e forza al paziente, una speranza per andare avanti.
Walter De Benedetto al proprio fianco ha Marco Cappato, l’esponente dei Radicali e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, in prima linea per eutanasia e suicidio assistito, e condivide il pensiero di quest’ultimo sul fine vita, manifestando di desiderarlo per sé stesso.
«Vado a Roma e li continuerò a chiedere l’eutanasia, non ora ma quando sarà il momento, a febbraio o marzo che sia», afferma l’ex infermiere. «Insieme a Cappato tornerò di nuovo alla Camera dei Deputati, più tardi parteciperò a un convegno in un hotel nel quale ribadirò la mia ferma volontà di staccare la spina quando scoccherà l’ora, quando la sofferenza sarà troppa e non varrà più la pena di sopportarla. Voglio morire con dignità».
Ma, quando la sofferenza sarà troppa, davvero non varrà più la pena di sopportarla? A un uomo che afferma ciò non è forse il caso di dare motivi per andare avanti nonostante il dolore? O è meglio manifestare per un suo presunto “diritto” a farla finita, non eliminando affatto la sofferenza, ma, piuttosto, il sofferente?
Noi di Pro Vita & Famiglia auspichiamo che a Walter De Benedetto vengano date ragioni per vivere e che la sua vita venga tutelata fino all’ultimo istante, convinti che l’eutanasia ed il suicidio assistito non siano risposte umane al dolore e che il sofferente non sia meno degno di vivere rispetto ad altri.
di Luca Scalise