Fuori i pro life dal Parlamento europeo. È una richiesta – anzi per il tono grave e intimidatorio con cui è scritta, quasi un ordine – di alcuni eurodeputati progressisti che, evidentemente parecchio scossi da quanto è recentemente accaduto negli Usa con la Corte Suprema che ha cestinato la sentenza Roe v. Wade del 1973, hanno preso carta e penna per scrivere direttamente alla Presidente dell’europarlamento Roberta Metsola affinché bandisca dalle sale riunioni di Bruxelles e Strasburgo le lobby pro life.
«Metsola ha ormai ricevuto la nostra lettera che chiede di togliere i badge ai lobbisti antiabortisti. Non c'è spazio nel Parlamento europeo per la loro tossica agenda contro le donne», ha tuonato su Twitter Samira Rafaela, parlamentare del gruppo liberale di Renew, la capofila di questa iniziativa, secondo cui se «gli Stati Uniti stanno tornando indietro nel tempo e quello che vediamo succedere sta già avanzando in Ungheria, Polonia e anche nei Paesi Bassi», motivo per cui l’Europa non può stare tranquilla dato che «ha una cinquantina di organizzazioni che si battono contro l'aborto» che «sono in stretto contatto con il movimento americano. La lobby sa come arrivare al Parlamento europeo».
Al momento non è chiaro se questo appello, datato 28 giugno, sortirà qualche effetto; conoscendo i trascorsi pro life di Metsola, può benissimo essere che non accada nulla. Ciò tuttavia nulla toglie all’arroganza di una simile iniziativa, che alimenta riflessioni sotto più profili. Sarebbe infatti fin troppo facile ricordare all’onorevole Rafaela che l’europarlamento non è di proprietà sua né di Renew, che, per quanto forte, non è la prima bensì la terza forza politica del Parlamento europeo (quindi, i suoi componenti possono stare sereni: sono ancora lontani dal comandare).
Il punto semmai qui è un altro e si può condensare in un interrogativo: ma dove stiamo andando? Che ne è dell’Europa istituzionale se c’è chi solo si sogna di chiedere la messa al bando di alcuni gruppi sulla base delle loro idee? Si vuole trasformare l’Europarlamento in una casa del pensiero unico, in una sorta caserma femminista? Sarebbe bene che, senza trincerarsi dietro la salute delle donne (a proposito: il divieto di aborto non mina la salute materna, è una bufala clamorosa e smentita ormai decine di volte), quei simpaticoni di Renew, e i loro supporter, lo chiarissero.
Nel frattempo, non si può non registrare con dispiacere come i padri dell’Europa – che, per la cronaca, non sono né Rafaela né Ursula von der Leyen, bensì i cattolici (sì, cattolici) Robert Schuman, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi – si staranno rivoltando nella tomba, vedendo costa sta diventando quel progetto per cui tanto si erano spesi, e cioè una piattaforma dove non l’idealismo bensì la prepotenza domina; davvero gran un peccato considerando quanto, in quel Parlamento che alcuni vorrebbero blindare ai cittadini e ai gruppi sulla base delle loro idee, siedano pure tanti onorevoli di valore e più che rispettabili.
Tuttavia, come in ogni vicenda pure in questa c’è un lato positivo, ed è il seguente: se c’è chi nel bel pezzo della guerra in Ucraina, della crisi energetica e della correlata tempesta di rincari – per non parlare dei guai della siccità -, ecco se in questo periodo confuso e pieno di problemi, si diceva, c’è chi arriva a prendersela con «i lobbisti antiabortisti», significa solo una cosa: chi difende gli interessi pro life sta lavorando bene. Anzi, sta lavorando benissimo. Così bene da impensierire i sedicenti paladini dei diritti delle donne e da far gettare loro la maschera, mettendo in mostra il volto liberticida e intollerante che li caratterizza nel profondo; nel male di questa triste vicenda, lo si può considerare un successo.