Rispetto ad altri protagonisti del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie è stato meno sotto i riflettori. Eppure il vero uomo chiave dell’evento veronese, conclusosi domenica scorsa, è stato proprio lui. 70 anni, consigliere comunale a Verona dal 2007, in qualità di membro del Comitato Esecutivo del Congresso, Alberto Zelger è risultato determinante in più circostanze. Con la sua paziente e tenace opera di tessitura di relazioni istituzionali, Zelger ha aiutato gli organizzatori nel reperimento di contatti e benefattori, nella logistica e nella scelta degli spazi. A colloquio con Pro Vita, il consigliere comunale ha rievocato i passi più importanti di una grande avventura, che comportava molti rischi ma che, alla fine, si è rivelata vincente.
Zelger, a qualche giorno dalla fine del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie, possiamo trarre un primo bilancio. Come è iniziato tutto?
«Nel maggio 2018, mi telefonò Toni Brandi, proponendomi di organizzare il Congresso a Verona. Il format era quello di sempre, con due giornate e mezzo di dibattiti e una manifestazione pubblica conclusiva. Era però importante coinvolgere dei volontari e raccogliere la disponibilità delle istituzioni, altrimenti l’assegnazione della sede sarebbe andata a un’altra città, forse africana o australiana. Ho coinvolto allora il sindaco Federico Sboarina, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, poi il Ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, che è stato vicesindaco qui a Verona. L’impegno è stato formalizzato a metà settembre e da lì sono partite tutte le lettere del sindaco e del presidente della Regione, rivolte all’International Organization for Family, che da più di vent’anni promuove il Congresso. È nato così il comitato di coordinamento internazionale, presieduto da Brian Brown, con Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vicepresidente a livello locale, e il sottoscritto, in qualità di membro del comitato esecutivo per le relazioni istituzionali in Italia».
Quali sono stati gli ostacoli più significativi da superare?
«All’inizio, in particolare la logistica. Il Palazzo della Gran Guardia è una struttura grande ma non enorme, l’auditorium può contenere al massimo 700 persone. Per fortuna l’amministrazione comunale si è presa carico dei costi relativi agli spazi e alle sale, però il piano di sicurezza, la dotazione degli alberghi, l’organizzazione degli arrivi, l’accomodamento per gli ospiti internazionali, gli allestimenti erano tutti a carico del comitato esecutivo. Vista la concomitanza di un altro congresso nella giornata di venerdì 29 marzo, si era pensato a uno spazio alternativo. Si pensò al Teatro Filarmonico ma l’accademia che lo gestisce aveva già la stagione lirica programmata e non c’era posto. Sedi alternative erano il Palariso, troppo fuori città, e l’auditorium universitario molto grande ma esteticamente non esaltante. Oltretutto l’Università si è rifiutata di ospitarci, perché, secondo loro, la nostra iniziativa non era in linea con i loro obiettivi…».
Poi è arrivata quella lettera accusatoria dei 160 docenti…
«Sì, assieme al rettore, ci hanno accusato di mille nefandezze e hanno firmato quel manifesto senza però sapere di cosa si sarebbe parlato. Dicevano che il Congresso avrebbe diffuso informazioni non scientifiche, tuttavia l’Università di Verona è nota per organizzare convegni sui diritti gay o sulla gestazione per altri; anni fa fecero pure un corso sui riti sciamanici! Come Comune, a suo tempo, avevamo denunciato questo spreco di soldi pubblici per eventi che di scientifico non hanno nulla».
Quali sono stati, a suo avviso, gli interventi più interessanti al Congresso?
«Le relazioni importanti sono state molte, comunque ho apprezzato in modo particolare quella del ministro ungherese della Famiglia, Katalin Novak, giovane madre di tre figli, che ha illustrato il piano del suo governo per le politiche familiari: 35mila euro per ogni famiglia, da trattenere interamente in presenza di almeno tre figli ed esenzione dalle tasse per la madre dal quarto figlio in poi. Un concetto molto buono che è passato: in Ungheria i soldi pubblici spesi per la famiglia non sono visti come un costo ma come un investimento.
Notevole anche il discorso di don Fortunato Di Noto, che ha messo in guardia dal tentativo di normalizzare la pedofilia, ad opera perfino di organi come il Consiglio d’Europa che, nel 2010, propose di depenalizzare totalmente qualunque atto sessuale, a prescindere dall’età. I casi di abusi sessuali su minori in tutta Europa, ha detto don Di Noto, sono 20 milioni: i bambini hanno diritto a essere protetti dagli orchi e ad avere una mamma e un papà che diano loro affetto e un’educazione sana.
Ottimi anche gli interventi di Maria Giovanna Maglie, quello del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che ha parlato in maniera molto emotiva ed empatica, e quello del nipote dell’imperatore Francesco Giuseppe, che ha parlato dell’efficacia dei mezzi di comunicazione moderna come Twitter».
Si ritiene soddisfatto del Congresso?
«Sì, mi spiace solo non aver potuto sdoppiarmi, c’erano otto workshop contemporaneamente e non è stato possibile stare dappertutto. Ogni tanto poi, dovevo risolvere problemi logistici come trovare degli estintori… Mi ha dato grande soddisfazione, comunque, al termine della messa di domenica pomeriggio, dopo la conclusione della Marcia, quando sono stato avvicinato da alcuni giovani che mi hanno detto: “;Lei è Alberto Zelger, quello della mozione di Verona Città per la Vita?”. Mi ha colpito, vuol dire che il messaggio è arrivato anche a loro».
A questo proposito: non trova significativo che, pochi mesi dopo essere diventata Città per la Vita, Verona sia diventata anche la Città della Famiglia?
«La mozione è nata dall’esigenza, dopo 40 anni, di fare un “tagliando” alla Legge 194. È una mozione molto semplice che prevede un piccolo aiuto economico per le gestanti in difficoltà, perché abbandonate dal partner, in difficoltà economica o minacciate di licenziamento. Sono venuti a intervistarmi dalla Francia, dalla Germania, dagli USA, non mi aspettavo davvero tanta attenzione. I consiglieri dell’opposizione mi hanno massacrato di critiche ma tra di loro, Carla Padovani del Pd ha votato a favore: è stata molto coraggiosa, le abbiamo fatto i complimenti».
Quali altre battaglie la attendono?
«Ve ne sono molte. Adesso in Veneto, ci sono delle delibere che stanno applicando la legge sulle Dat con forti profili eutanasici: c’è bisogno che qualcuno si faccia sentire in tal senso. Ci stiamo muovendo con discrezione perché la politica si fa anche senza apparire, lavorando e faticando nell’ombra e i risultati, alla lunga, si vedono».
Luca Marcolivio