Un’altra donna vittima dell’aborto “rare, safe and legal” (raro , sicuro e legale, gridavano gli slogan delle femministe negli anni ’70).
Le donne morte per aborto sono difficili da individuare: sono morte “scomode” all‘ideologia. Morte di cui non si deve sapere. “Femminicidi” che non devono far notizia, perché l’aborto “serve alla salute sessuale e riproduttiva”... [Ogni link sulle parole di questa frase rimanda ad articoli su donne morte di aborto legale, ndR]
La vittima aveva fatto ricorso all’aborto presso la Southwestern Women’s Options (SWO), a Albuquerque, nel New Mexico, una grande clinica specializzata che fornisce aborto per tutti i nove mesi di gravidanza (una di quelle che secondo la Clinton non esistono, vi ricordate?), ma poi è stata trasferita all’ University of New Mexico Hospital (UNM).
Keisha Marie Atkins aveva 23 anni e pare fosse incinta di sei mesi. La tragedia è avvenuta nel febbraio scorso ed è stata avviata un’inchiesta penale nei confronti della SWO, che – tra l’altro – è il principale fornitore di tessuti e organi di bambini abortiti dell’UNM.
Dalle indagini risulta che la Atkins si è recata alla SWO il 31 gennaio ed è stata cominciata la procedura per l’aborto (evidentemente con la somministrazione di farmaci per uccidere il bambino. Poi avrebbero indotto il parto). Alle 12:04 del 3 febbraio, è stata chiamata un’ambulanza dalla SWO , ma è stata successivamente annullata.
E’ stata invece portata all’UNM, dove la condizione della Atkins è peggiorata rapidamente. E mentre eseguivano l’aborto con D & E (dilatazione ed estrazione), la Atkins ha subito un arresto cardiaco. E’ morta alle 12:10 del 4 febbraio.
Un referto autoptico dell’UNM ha tentato di attribuire la morte a una “tromboembolia polmonare dovuta alla gravidanza”, non all’aborto.
Tuttavia, ci sono delle prove che la Atkins avesse una sepsi, un’infezione batterica causata dal processo di aborto cominciato il 31 gennaio, quattro giorni prima, che ha provocato anche i coaguli di sangue nei polmoni, emorragia cerebrale e altri problemi che il primo referto autoptico aveva ignorato.
Redazione
Fonte: LifeNews
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