A poco più di un mese dall’affissione e consecutiva rimozione del maxi-manifesto di ProVita Onlus, tanto scomodo perché mostrava una verità scientifica, come un feto a 11 settimane con mani, cuore e organi formati, stessa sorte è toccata ai manifesti contro l’aborto affissi da CitizenGO.
IL CASO – Politicamente scorretto, quanto veritiero, il messaggio dei manifesti di CitizenGO, affissi lo scorso 15 maggio, citava così: “L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo”. Si parla di 100 milioni di bambine abortite nei Paesi asiatici a causa delle politiche di controllo della popolazione. A tantissime altre, in tutto il mondo, viene impedito di nascere.
LA CENSURA – La sera stessa dell’affissione, Roma Capitale ha notificato la “diffida” alla società concessionaria con la richiesta di rimozione della campagna #stopaborto di CitizenGO, in quanto il contenuto sarebbe stato «lesivo del rispetto delle libertà individuali» e «dei diritti civili». Ma questi ultimi «nascono nel grembo materno», ha ricordato la successiva campagna della Fondazione.
IL RICORSO – Oggi, annuncia Filippo Savarese, CitizenGO Italia ha fatto ricorso al Tar del Lazio contro la censura dei manifesti anti-aborto, dando mandato di procedere presso il Tribunale allo studio dell’avv. Massimo Luciani, professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università ‘Sapienza’ di Roma e presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti.
Il nostro pieno sostegno a Filippo Savarese.
Redazione