Come denuncia scandalizzata in un articolo pubblicato su Vicenza Più il consigliere regionale del PD Alessandra Moretti, «in una Regione con il 77% di ginecologi obiettori di coscienza è evidente che ci siano ostacoli all’esercizio di un diritto, quello all’aborto».
Vicenza infatti è la provincia che, dopo Bolzano, Verona e Adria, vanta la maggiore percentuale di medici obiettori. Il che ovviamente limita la possibilità di accedere all’aborto. Pertanto, quanto auspica il Consigliere è che la Regione si adoperi a risolvere questo “problema”.
Pare così che l’orripilante celebrazione di un vero e proprio genocidio censurato, detta anche “Giornata mondiale per il diritto all’aborto sicuro e legale”, continui i suoi effetti anche nei giorni seguenti, invitando gli organi regionali a prendere provvedimenti a favore di una pratica assurda e mortifera ed a scapito un diritto fondamentale di ogni medico.
Quello all’obiezione di coscienza, infatti, è un diritto sempre più minacciato. La persecuzione mediatica verso i medici obiettori, negli ultimi anni, è sempre più accanita e loro vengono continuamente scoraggiati dalla società.
A questo punto sono opportune alcune considerazioni. Anzitutto, dati già esposti da un nostro articolo mostrano che nonostante il numero dei medici obiettori sia consistente non lo è tanto da impedire la pratica dell’aborto. Ma sottolineerei che stranamente proprio quella parte della nostra società che va in giro a urlare «Il corpo è mio e lo gestisco io» vuole privare i medici obiettori del libero uso delle loro mani. Chi per vocazione ha fatto giuramento “di perseguire la difesa della vita, […] di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona” è sempre più incitato a tradire queste parole, per non parlare del fatto che, nel testo originale, Ippocrate promette: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo”.
Ricorderei inoltre che l’aborto è dannosissimo anche per il corpo e per la psiche della donna. Depressione, nevrosi, suicidi, infezioni ,cancro al seno e morte della donna sono solo alcuni dei rischi provocati dal cosiddetto “aborto sicuro e legale” (si veda questo articolo). A uno slogan (gridato da chi spesso e volentieri difende l’aborto) ci associamo anche noi: «Non una di meno». Non una donna di meno per essere stata danneggiata o uccisa dall’aborto, non una donna di meno per essere stata abortita nel ventre materno.
I medici obiettori si rifiutano di ledere alla dignità delle donne. E noi questa dignità la difendiamo, oppure continuiamo a mentire dicendo che farà stare loro meglio?
Luca Scalise
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