Riproponiamo ai nostri lettori un articolo apparso su Notizie ProVita (maggio 2013). Si trattava del vecchio argomento dei fautori dell’aborto, che sostengono che le donne incinta di un figlio non desiderato sono inclini al suicidio.
La scienza, invece, dice che l’aborto non può essere una risposta all’intenzione suicidaria: in Irlanda, in sessanta anni, da 1950 e al 2011, non vi sono stati casi di suicidi per gravidanza.
La legge 194 e le ideologie che la pervadono permettono l’aborto in caso di pericolo di vita della madre, comprendendo nella fattispecie l’ipotesi di suicidio.
[...] Tra i casi in cui una donna possa effettivamente considerarsi in pericolo di vita, vi è anche il suicidio annunciato o minacciato?
La legalizzazione dell’aborto che contempli anche questo tra i fattori di rischio si teme possa aprire nuovi scenari: se basterà che una donna minacci di suicidarsi per ottenere un aborto legale, di fatto, si rischia di autorizzare l’aborto ‘a richiesta’. E «l’aborto non può essere una risposta all’intenzione suicidaria», hanno osservato i vescovi cattolici irlandesi.
Per la comunità medica (irlandese) l’interruzione di gravidanza non è «medicalmente necessaria per salvare la vita di una madre» e il divieto di aborto non influisce in alcun modo sulla disponibilità di fornire cure ottimali per le donne in stato di gravidanza: numerosi studi hanno messo in luce come il tasso di mortalità materna sia correlato non già alla legalizzazione dell’aborto, bensì alla qualità delle cure e dei servizi alla maternità.
E, infatti, l’Irlanda è uno dei Paesi che vanta tra i più bassi tassi di mortalità materna a livello internazionale (al primo posto nel 2005, al terzo nel 2008). E dove si hanno elevati standard di assistenza sanitaria e di protezione della mamma e del feto. La professoressa Patricia Casey, docente di Psichiatria presso l’University College Dublin, in risposta al Committee on Health and Children on abortion and suicide, ha spiegato che il suo Paese non ha bisogno di una legge del genere: ha dimostrato statisticamente in uno studio condotto su tre ospedali di maternità a Dublino che in sessanta anni, da 1950 e al 2011, non vi sono stati casi di suicidi per gravidanza e che gli unici 5 suicidi di donne incinte non sono correlati con la gestazione. Questo dimostra anche che le donne ottengono le cure necessarie, quando sono depresse e suicide.
E i Colleghi del St. Patrick’s University Hospital, il principale ospedale psichiatrico irlandese, sostengono che non ci sono prove che «l’interruzione di gravidanza sia un trattamento efficace per un disturbo o una difficoltà di salute mentale». In 40 anni di esperienza clinica del dottor John Sheehan del Rotunda Maternity Hospital, l’aborto non poteva servire neanche «per un solo caso di donna con l’istinto suicida». Ancor più, come sostenuto da Kevine Malone psichiatra del St. Vincent Hospital, in considerazione del fatto che il suicidio non è prevedibile con la precisione necessaria al legislatore, una legge di tal fatta piuttosto porterebbe a «legittimare inspiegabilmente e normalizzare il suicidio a determinate condizioni, solo per le donne».
L’aborto dunque non è un trattamento per alcun problema di salute psichica o di comportamento ed è un inganno per le donne far credere che è l’unica soluzione in risposta a intenzioni suicide. Soprattutto quando è dimostrato, piuttosto, che l’aborto in se stesso può portare a pensieri suicidi e problemi di salute mentale.
Marta Buroni