06/01/2017

Aborto e una buona notizie: la storia di Ginevra

Con gioia pubblichiamo le testimonianze e le vicende a lieto fine che ci giungono dal CAV della clinica Mangiagalli di Milano: hanno salvato una dozzina di migliaia di bambini dall’aborto, ma ogni vita salvata ha un valore inestimabile e da sola è sufficiente per dare un senso a tutto il lavoro e la fatica dei volontari che vi operano.

Ricevo una visita da Ginevra, una signora che il CAV aveva aiutato qualche giorno prima, ma che chiede con insistenza di essere ricevuta.
«Noi ci siamo già parlate al telefono due giorni fa? – interloquisco – Che cosa la porta qui da noi ancora?».
La sua risposta mi meraviglia: «La sua voce. Al telefono mi è sembrata una voce buona e sento il bisogno di confidarmi con lei».
Ed ecco: Ginevra abita in un monolocale con il marito e la sua piccola Diletta di quattordici mesi. È gravida alla ottava settimana di un secondo figlio che voleva abortire per le drammatiche condizioni economiche in cui versa; avevamo concordato un progetto d’aiuto e, per grazia, l’aborto era stato scongiurato.

Però, la proprietaria dell’alloggio in cui vive non ha mai denunciato il loro contratto di affitto che, da quando il marito è in cassa-integrazione, non riescono più a pagare.
La signora le chiede di liberare l’alloggio al più presto. Loro, poiché non sanno dove andare, le hanno chiesto di pazientare. Sono così iniziate le mosse intimidatorie: ha portato via gli utensili da cucina, ha chiuso l’acqua... Ginevra scoppia in lacrime irrefrenabili: «Come faremo ad andare avanti? Sono andata dall’assistente sociale del Comune dove abito e lei, davanti al sindaco, ha minacciato di portarmi via la piccola se mi vede in strada, per esempio la sera, quando la proprietaria dovesse impedirci di entrare in casa. Voi mi avete già aiutato con una certa somma di denaro, ma i debiti da pagare sono tanti e, con quei soldi, ho cercato di restituire qualcosa. Ora, però, devo trovare un’altra casa».

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Rimango allibita. Che cosa fare?
Il telefono, in casi come questo, è un grande amico. So che stiamo tentando di rimettere a posto una casa dove per anni abbiamo accolto madri sole. La vogliamo risistemare, ma le nostre finanze, sempre più scarse, non ci permettono di continuare ad usarla.
Ho in linea il nostro presidente Matteo che, dopo tanti anni, è abituato alle mie strane richieste: «Ho assolutamente bisogno di un posto per questa famiglia. La signora è sconvolta e la capisco, le minacce ricevute le stanno togliendo forza vitale. So della situazione disastrata del nostro alloggio di piazza Segesta, gliene avrei anche già parlato. Lei è disposta a tutto pur di andar via dal posto in cui sta».

Matteo non mi risponde subito; è più riflessivo di me e immagino che stia pensando a tutto ciò che era stato deciso in consiglio direttivo. Con l’impertinenza che mi contraddistingue lo sollecito. «La signora è consapevole ed è disposta a tutto pur di ‘mettersi in salvo’. Ci siamo anche dette che lei pulirà per bene e che suo marito potrebbe dare una bella mano di bianco ai locali». Altri fiumi di lacrime, questa volta di felicità. Ginevra chiede di poter far entrare anche il marito, rimasto nel corridoio con la piccola Diletta. Esce piangendo e lo aggiorna. Lui non capisce subito che sono lacrime di gioia, ma poi comincia a ringraziare.
Così abbiamo organizzato il trasporto delle loro poche cose e si sono trasferiti. Il giorno dopo, sabato scorso, il mio amico Vittorio che collabora con noi, mi chiama: «C’è una persona che vuole parlare con te, te la passo».
Sento la voce di Ginevra: «Che Dio la benedica! Non credevo più, ma lei e tutti i suoi amici mi avete riportato alla fede. Questa notte, finalmente, abbiamo dormito tranquilli, soprattutto Diletta. Vittorio ci ha portato a comprare gli attrezzi e una latta di vernice. Mio marito non vede l’ora di iniziare a imbiancare».
Ora sono io con un bel magone che mi stringe la gola e quasi mi impedisce di parlare: «Che il Signore benedica soprattutto voi che, coraggiosamente, vi siete fidati di noi. State dando la vita a un bimbo che farà compagnia a Diletta. Nulla è più grande del dono della vita! State bene, non stancatevi troppo e ... tanti auguri!».

Paola Bonzi

Fonte: Notizie ProVitaottobre 2014, p. 25.

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