«La 194 è una splendida legge ma nessuno si preoccupa del fatto che non venga applicata. Anzi. Sembra che non interessi affatto che sia applicata».
Questo afferma, in una intervista pubblicata su La Stampa, Silvana Agatone, presidente della Laiga, l’associazione che riunisce i medici non obiettori, commentando il fatto che, a quarant’anni dalla legalizzazione dell’aborto le interruzioni volontarie di gravidanza stiano diminuendo: ebbene, non è vero che stanno diminuendo.
Aborti in calo: non è vero
Come ha detto Francesca Romana Poleggi in una conferenza stampa tenutasi alla Camera dei Deputati in occasione dei 40 anni della legge sull’aborto: «Siamo stanche, noi donne, di essere prese in giro dalla propaganda menzognera degli abortisti, fatta sulla nostra pelle. Non è vero che la legalizzazione porta a una diminuzione degli aborti: abbiamo dati che lo dimostrano in tutto il mondo e anche in Italia (dal 1978 al 1982 passarono da 68.000 a 234.377). Se poi sono calati, è perché è diminuita la fertilità. Inoltre, sono andati aumentando gli aborti in pillole con la Ru486 e i cripto aborti con le pillole del giorno dopo o dei 5 giorni dopo».
Però è vero che la 194 non viene in parte applicata. Infatti, la prima parte di quella legge, che mira a dissuadere le donne dall’aborto, non ha mai visto alcun impegno istituzionale in tal senso.
Solo le associazioni di volontariato pro vita si sono impegnate a salvare vite: i CAV hanno aiutato a nascere 200.000 bambini, a fronte dei 6 milioni uccisi dall’aborto e hanno salvato le rispettive madri dalle sue conseguenze fisiche e psichiche.
Aborto impossibile: colpa degli obiettori?
Ma la preoccupazione della dottoressa Agatone verteva piuttosto su altro e, precisamente, sul fatto che la legge non verrebbe applicata perché l’elevato numero di medici obiettori lo renderebbe impossibile.
Falso: i non obiettori hanno un carico di lavoro irrisorio, tanto che la stessa relazione ministeriale spiega che molti dei medici non obiettori vengono assegnati non alla pratica dell’aborto, ma ad altri compiti.
Poi afferma: «L’equilibrio sarebbe arrivare a un’obiezione del 50% e non del 71% come avviene oggi».
C’è da chiedersi, allora, come si possa raggiungere questo “equilibrio”, di cui parla. L’unica soluzione sarebbe quella di porre qualche limite all’esercizio dell’obiezione di coscienza. Ma è evidente che ogni limite all’obiezione di coscienza rappresenta un limite concreto alla libertà.
E non si chiede come mai, poi, questo rapido aumento degli obiettori. Non sarà che hanno capito che l’aborto uccide un bambino vivo e vero? Qui la risposta.
Rischi per la donna: «bugie» o scienza vera?
Chi poi, come la dottoressa, pensa che le gravi conseguenze fisiche e psichiche dell’aborto non siano altro che «bugie, perché non esistono evidenze scientifiche» a riguardo, lo invitiamo a confrontarsi con la vasta letteratura scientifica, documentata e verificabile, a riguardo.
Tanto per citare solo alcuni esempi, uno studio pubblicato su Obstetrics and Gynecology, parla dei rischi di infezioni pelviche o genitali, la Food and Drug Administration di sepsi (anche letali) e, con il Ministero della Salute, di emorragie.
L’American Journal of Obstetrics and Gynecology di perforazione e cicatrizzazione della parete uterina, Cancer Causes & Prevention, l’Indian Journal of Cancer, il Breast cancer prevention Institute, concordi, presentano l’elevato rischio di cancro al seno.
Il Medical Science Monitor di depressione post-aborto, il British Journal of Psychiatry di abuso di sostanze e tendenze al suicidio, Obstetrical & Gynecological Survey di autolesionismo. Senza contare i casi di morte di cui parlano l’Oms e numerosi altri studi.
E questa è solo una minima parte della letteratura medica citata nel libretto “Per la salute delle donne”, edito da ProVita Onlus e redatto da Lorenza Perfori.
Redazione