La casa editrice Punto Famiglia ha pubblicato un post – testimonianza sull’aborto che ci ha toccato. Tanto che vogliamo riproporla ai nostri Lettori.
E’ una lettera di “Alice” alla sua professoressa. Le racconta la tragedia vissuta a seguito di un aborto. La professoressa risponde con parole sagge che invitano tutti a far sapere al mondo la verità sull’aborto: perché ne siamo tutti inqualche modo responsabili.
Abbiamo colto l’occasione al volo, ovviamente.
“Ciao prof, ho praticato un aborto volontario e da allora non vivo più pensando al mio bimbo. L’ho rifiutato per motivi che oggi credo siano banali ma che allora, ambiziosa com’ero, ritenevo di vitale importanza. La mia carriera scolastica, gli ottimi voti al liceo poi l’università dove avevo superato il test di medicina. Tanti sogni che stavo finalmente realizzando e che mi facevano sentire una vincente. Il mio fidanzato di allora mi disse che bisognava sistemare la cosa… e, come Pilato, se ne lavò le mani.
Mi ritrovai sola con le mie paure e lo feci. Ma nessuno mi aveva detto quello che sarebbe successo dopo. Mi sono sottoposta agli esami, alle analisi e alle visite da sola. Ho affrontato l’umiliazione e le domande morbose e invadenti senza nessuno al mio fianco e senza che mai si posasse su di me uno sguardo amico. Sono passati alcuni anni, ma ancora mi brucia il fatto che nessuno quel giorno mi abbia detto cosa avrei provato dopo averlo fatto. È come un graffio nell’anima. Può guarire un graffio nell’anima?
Scrivo questa lettera per testimoniare il dramma del post – aborto. Per urlare a tutto il mondo che quel graffio non guarisce. Dicono che sia una libera scelta, un segno di civiltà, ma ora il mio bimbo non c’è più… e indietro non si torna.
Nessuno spiega veramente come stanno le cose a una donna che ha scelto di non far nascere il suo bambino. Questo è il dramma. Quando è successo a me, nessuno mi ha davvero parlato per capire, per aiutarmi, per farmi cambiare idea. Nessuno mi ha detto che avrei vissuto nel rimorso. Nessuno mi ha mostrato un’alternativa, invece di farmi sentire un’appestata, per di più senza scampo”.
Alice
Cara Alice,
viviamo in una società che ci presenta troppo spesso solo facciate di comodo. L’aborto è un diritto riconosciuto, ma la tua testimonianza invece ci mostra il vero volto di questo gesto: un graffio nell’anima. Siamo tutti colpevoli del tuo dolore. Siamo tutti colpevoli della morte del tuo bambino e di tutti quelli che ogni giorno soffocano nel silenzio dell’indifferenza generale e statale. La tua lettera è un invito alla riflessione per la società civile a partire da noi insegnanti e dalle volte in cui, potendo annunciare la bellezza della vita senza ma e senza se, abbiamo preferito tacere per assecondare il finto buonsenso perbenista del costume sociale. La tua lettera non può e non deve restare un grido inascoltato. Queste parole di sofferenza e di dolore devono volare di cuore in cuore per accendere una luce nel buio delle altre giovani madri che pensano di fare la tua stessa scelta.
La tua prof
per un’informazione veritiera sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’ aborto