La vita nascente continua ad essere centro, oltre che del dibattito sociale, anche di quello politico. È un bene che sia così, perché ciò significa che non tutti ancora si lasciano trasportare dalla corrente del pensiero unico, ma c’è ancora qualcuno che coraggiosamente apre gli occhi di fronte alla realtà dell’aborto e difende il diritto alla vita dei nascituri, pur se tra mille ostacoli.
Che nel grembo materno ci sia un essere umano, un bambino, infatti, è la letteratura scientifica ad affermarlo concorde, non un gruppo pro life qualunque. Ciò significa che non v’è alcuna ragione per negare al bambino non nato il rispetto che si riserva a chi, invece, è già nato.
Considerato che l’aborto, oltre ad eliminare la vita del piccolo, ha gravi rischi anche per la salute fisica e psichica della madre, dovrebbe essere scontato che non venga ritenuto un trattamento sanitario. Purtroppo, non è così, anzi, l’opposto e quei medici che scelgono di non collaborare a una pratica come questa, che con il concetto di “cura” non ha nulla a che vedere, vengono continuamente perseguitati.
Negli Stati Uniti, spiega un articolo di Life News, i democratici sembra si stiano dando un bel da fare per violare la libertà di coscienza dei medici, con una proposta di legge che, se approvata, li priverebbe del diritto all’obiezione.
«Il nostro disegno di legge garantirà che a nessuno venga negata la cura di cui ha bisogno in base alle convinzioni personali di chi la fornisce, perché l'unica cosa che dovrebbe determinare la cura del paziente è ciò che è meglio per il paziente», avrebbe affermato Barbara Lee, promotrice del disegno di legge.
Il tutto dovrebbe seriamente preoccuparci: possibile che un medico, la cui missione è da sempre quella di curare e salvare vite, debba ritrovarsi costretto ad eliminare alcune vite e nuocere ad altre, anche contro la propria coscienza?
In conclusione, a tutti quelli che credono ancora che l’obiezione di coscienza causi la morte delle donne, cosa assolutamente falsa, consigliamo la lettura di questo articolo.
di Luca Scalise