L’aborto è un omicidio e pertanto andrebbe vietato dalla legge.
Questo in estrema sintesi il contenuto di una risoluzione approvata la scorsa settimana dalla Camera dei Rappresentati dell’Oklahoma, negli Stati Uniti.
Il testo, rivolto alle autorità politiche e giudiziarie locali e nazionali (e che è possibile leggere cliccando qui), non è giuridicamente vincolante, ma ha un valore di indirizzo politico non indifferente e segna un importante passo avanti nella lotta a difesa del diritto alla vita, sin dal concepimento, dei bambini non ancora nati, vittime del crimine dell’aborto.
Del resto, come viene ricordato nelle premesse della risoluzione, ogni vita umana deve essere protetta dalla legge di Dio e dalle norme dello Stato. La Dichiarazione di Indipendenza e la Costituzione americana (a quanto pare ignorate dalla Corte Suprema che nel 1973 legalizzò l’aborto, con un vero e proprio abuso di potere) proclamano solennemente l’inviolabilità della vita umana. E noi sappiamo dalla scienza, prima ancora che dalla filosofia o dalla religione, che il bambino nascituro è, per l’appunto, un bambino, un essere umano, una persona, a partire dal concepimento. E dunque ha il diritto di vivere.
In Oklahoma l’aborto è garantito dai fondi pubblici nei casi di stupro, incesto o pericolo per la vita della madre e può effettuarsi solo dopo un periodo di tempo per la riflessione e dietro consenso informato.
Quanto sta accadendo negli Stati Uniti sul fronte pro-life (vedere ad esempio qui, qui e qui), soprattutto con l’elezione del presidente Donald Trump, è davvero importante per la lotta a livello mondiale, perché fa comprendere come il progresso, la ricchezza e la modernità possano e debbano andare di pari passo con la lotta all’aborto, che non è un diritto, ma un crimine, perpetrato contro l’essere più innocente e indifeso che esista: il bambino nella pancia della mamma.
Redazione
Fonte: LifeSiteNews
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