Leggiamo su Dire un’intervista sul cosiddetto aborto “sicuro” ad una ginecologa favorevole a questa pratica. Umilmente, vorremmo proporre una interpretazione diversa dei temi in essa trattati.
La dottoressa, infatti, considera il limite di 49 giorni per l’assunzione della pillola abortiva Ru486 e «la forte raccomandazione al ricovero ordinario», in occasione di questa pratica, come dei veri e propri ostacoli da abbattere, per tutelare la libertà della donna e garantire loro una piena accessibilità all’aborto.
Accessibilità che, a detta sua, sarebbe messa a rischio dall’«obbligo di avere un tempo di ripensamento stabilito per legge, insopportabile per una donna sicura della sua scelta». Ma togliere questo tempo obbligatorio di ripensamento non provoca, forse, una drastica riduzione della libertà di scelta della donna?
Pensiamo a quanto possa essere difficile la situazione di chi viene a conoscenza della propria gravidanza indesiderata. Eliminare le possibilità di ripensamento potrebbe far sì che una donna, colta dallo spavento per ciò che la preoccupa riguardo la gravidanza, si rechi immediatamente ad abortire, senza aver considerato adeguatamente le conseguenze di quella decisione o le varie alternative. Agevolare ciò garantisce la libertà delle donne?
Ed aprire le porte all’aborto “fai da te”, a casa, come se si trattasse di assumere un’aspirina, aiuta in qualche modo la salute femminile? Ricordiamo che la pratica dell’aborto farmacologico può causare importanti emorragie e nel 96% dei casi le donne provano dolore anche nel periodo successivo all’assunzione della pillola, come spiegano le varie fonti scientifiche riportate nel nostro libretto “Per la salute delle donne”. Per non parlare dei, seppur rari, casi di morte provocati dalla Ru486.
Ricordiamo poi che il tema dell’aborto ha anche un altro soggetto, oltre alla donna: il bambino. E lo chiamiamo in questo modo, perché tale è. «La vita umana inizia con la fecondazione, il processo durante il quale un gamete maschile […] si unisce a un gamete femminile […] per formare una singola cellula chiamata zigote. Questa cellula altamente specializzata e totipotente ha segnato l’inizio di ognuno di noi come un individuo unico. […] Uno zigote è l’inizio di un nuovo essere umano (cioè un embrione)», spiega la settima edizione di The Developing Human: Clinically Oriented Embryology. E gli altri principali testi della letteratura scientifica non fanno che confermarlo.
Ciò nonostante, la dottoressa avrebbe affermato: «So benissimo che non uccido bambini quando pratico gli aborti» e poi «le persone hanno diritto di scegliere, i bambini di nascere se amati e nessuna donna può essere obbligata a portare avanti una gravidanza indesiderata». Verrebbe, quindi, da chiedersi se li ritiene o meno bambini e perché un bimbo amato avrebbe più diritto di un altro a nascere: ci sono forse bambini di serie A ed altri di serie B?
di Luca Scalise