Il governo Draghi ha introdotto, dal 1° luglio 2021, l’assegno unico per le famiglie. Un provvedimento che, però, è stato rinviato a marzo per motivi tecnici. Nel dettaglio la misura dovrebbe prevedere – il condizionale è d’obbligo visto il primo slittamento - l’assegno versato mensilmente ai genitori, a partire dal settimo mese di gravidanza e fino al ventunesimo anno di età del figlio, con maggiorazioni specifiche dal terzo figlio in su, per i disabili, le famiglie monogenitoriali e per quelle a basso reddito. Pro Vita & Famiglia ne ha parlato con Emma Ciccarelli, vicepresidente del Forum delle Associazioni Familiari.
Emma Ciccarelli, innanzitutto vorremmo fare chiarezza sui criteri di assegnazione di questo provvedimento.
«L’assegno unico è un assegno che viene destinato ai figli ed è una prima epocale svolta per il nostro paese perché è uno strumento di politica familiare che viene a sostenere il valore dei figli e della genitorialità. È destinato a tutti i genitori, indipendentemente dallo stato lavorativo e quindi possono essere liberi professionisti, disoccupati o lavoratori a tempo indeterminato e quindi è una manovra, un assegno che viene destinato ai genitori, per il figlio, in quanto tale»
All’inizio c’erano state delle difficoltà nella riscossione dell’assegno, sono state appianate?
«Ci sono state delle difficoltà tecniche dovute al rodaggio, da parte dell’Inps di questo nuovo strumento, perché l’organizzazione ha fatto fatica a partire. Ma ora ha garantito che sta risolvendo tutti i problemi, anche di pagamenti arretrati e altri problemi non ce ne saranno. Inoltre, nonostante lo slittamento a marzo, per motivi tecnici e non politici, non si perderà nulla perché si dà la possibilità a tutte le famiglie di presentare l’Isee dell’anno precedente, (2021), in questo modo da gennaio si invieranno le domande e da marzo si potrà riscuotere l’assegno».
Oggi molte famiglie con figli o che vorrebbero un figlio devono fare i conti con spese economiche iniziali – e non solo iniziali - non indifferenti. L’assegno unico interviene in qualche modo in queste situazioni?
«L’assegno unico intanto garantisce questa entrata per diciotto anni, anzi per 21 anni, dal settimo mese di gravidanza. Quindi è una manovra strutturale, non è legata ai bonus, a cose transitorie, è una garanzia, per le famiglie, di avere la sicurezza che ogni mese verrà accreditato, sul proprio conto corrente questo importo. Questo da una parte dà una sicurezza e vuole andare anche ad alleviare il fatto che in Italia una delle cause di povertà è avere un figlio, perché al di là del valore morale, avere figli ha un costo. Questo spesso e volentieri induce le famiglie a pensarci molto bene prima di avere un figlio perché sanno che comunque ha un costo che si troveranno sulle spalle per almeno venti o trent’anni. Quindi bisogna saper fare bene i conti, sapere che c’è un supporto da parte dello stato, in chi si prende questo impegno pubblico e sociale, quindi non solo a livello individuale».
Ci sono ancora delle criticità? C’è qualcosa che si può ancora migliorare?
«Noi abbiamo spinto tantissimo perché la somma dell’assegno venisse garantita a tutti, fosse universale e corposa. Questo non è migliorabile perché è ancora legato ai criteri dell’Isee, quindi è uno strumento che non è tarato benissimo, soprattutto nel misurare il reddito delle famiglie, tolto questo, siamo soddisfatti».
Ci sono delle novità sul testo attuale?
«Il testo è stato licenziato dal governo e adesso dovrà ritornare all’esame di Camera e Senato per essere approvato. C’è stato un incremento ulteriore, di 100 euro in più che vengono dati alle famiglie sopra i quattro figli per riconoscere il forte impegno economico: le statistiche ci dicono che dal terzo figlio in poi, le famiglie entrano in soglia di povertà perché c’è un’impennata di costi. Questi 100 euro in più che vengono date a chi ha un numero di figli dai 4 in su, riconosce anche questa necessità. Queste sono le novità che sono intervenute».