13/11/2020 di Manuela Antonacci

Barbara D’Urso implora la Meloni di non ostacolare il ddl Zan senza neanche darle il tempo di rispondere

Il tema dell’omofobia che in teoria il ddl Zan avrebbe lo scopo di combattere (e già qui si potrebbe obiettare che le opinioni personali al massimo si possono influenzare o modificare tramite un’operazione di natura puramente culturale e non un disegno di legge, sennò siamo di fronte ad un regime dittatoriale) è stato affrontato di striscio e tramite un vero e proprio colpo di scena durante il “Live-Non è la D’Urso”.

O meglio, sulla fine del collegamento con Giorgia Meloni che era stata invitata da Barbara D’urso per discutere di come, il suo partito, affronterebbe l’emergenza Covid, a livello economico. Alla fine del collegamento, però, la D’Urso ha fatto una richiesta spiazzante alla Meloni, ponendo sul tavolo un tema dibattutissimo e molto complicato: “Una preghiera mia personale. Sai che ci conosciamo da moltissimi anni io e te. – ha detto la conduttrice – Non voglio una risposta ma devo farti una preghiera. Ti prego non ostacolate al Senato la legge contro l’omofobia. Ti prego. So che la pensi diversamente. È una cosa per cui io lotto da quindici anni. Ho buttato questa palla a te, sapendo che sei una persona intelligente e quindi sai di cosa sto parlando”.

Una “carrambata” che alla Meloni non è però piaciuta affatto. La leader di Fratelli d’Italia ha infatti fatto notare alla D’Urso la scorrettezza di una richiesta avanzata a pochi minuti dalla fine del programma, su un argomento complesso che meriterebbe molto più spazio, considerata anche la posta in gioco.

Giorgia Meloni, comunque, non si è fatta sopraffare troppo dall’effetto sorpresa ed è riuscita a rispondere, in modo deciso alla D’Urso, che le si era rivolta addirittura a mani giunte.

Così ha replicato la Meloni “non è un tema da aprire in chiusura quando non ho tempo per rispondere” e, nel sottolineare che anche lei combatte l’omofobia, ha comunque chiarito di non avere nessuna intenzione di appoggiare questa legge per una serie di motivazioni “combattiamo tutti l’omofobia ma è diverso approvare una legge che diventa un modo per impedire alle persone di pensare e di dire che l’utero in affitto non sia una pratica di civiltà e non è giusto insegnare e dire ai ragazzini delle elementari cosa sia l’omosessualità”.

Quello della Meloni è stato un distinguo importante tra l’illecita discriminazione contro gli omosessuali ma, al contempo, l’altrettanto illecita colonizzazione ideologica legata all’imposizione del gender nelle scuole o l’accondiscendenza forzata verso la barbara pratica dell’utero in affitto. Porre sullo stesso piano queste tre questioni riassumendole tutte nel termine “omofobia” è infatti il mezzo più mediaticamente usato per indorare la pillola di una legge più volte e da più fronti definita “incostituzionale” che non fa che legalizzare altre forme di discriminazione (come quella legata allo sfruttamento delle donne più povere costrette ad affittare persino il proprio ventre per sopravvivere) o di violenza (quella sulle menti innocenti dei bambini costretti sin dalla più tenera età a confrontarsi con questioni più grandi di loro che, non avendo gli strumenti culturali per filtrare certe informazioni, rischiano solo di stranirli o annichilirli).

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