Le campagne di Pro Vita & Famiglia continuano a dare immenso fastidio ai Radicali. Specie quando portate avanti al di fuori della rete. L’ultima controversia è scoppiata a San Benedetto del Tronto, dove da un po’ di giorni è in circolazione la “vela” recante la frase «Lucia, 45 anni, disabile. Potrà farsi uccidere. E se fosse tua mamma? #NOEUTANASIA».
Mentre il manifesto di Pro Vita & Famiglia è in sosta in viale dello Sport, è intervenuta la sezione marchigiana dei Radicali, sollecitata dall’ex consigliere comunale Daniele Primavera. La tecnica è sempre la stessa: manipolare la realtà dei fatti, fin quasi a rovesciarla: «No, se Lucia, 45 anni, fosse disabile, non potrebbe “farsi ammazzare”. Né se soffrisse di anoressia, o se fosse vittima di bullismo», dichiarano i Radicali marchigiani, secondo i quali, il male più grande è l’assenza di una legge a favore dell’eutanasia nell’ordinamento italiano, a prescindere dal fatto che il vuoto legislativo sta per essere colmato dall’annunciata e ormai imminentissima sentenza della Corte Costituzionale.
Lo stesso atto eutanasico, nella visione radicale, non è visto come la soppressione di una persona. Al contrario, i Radicali rivendicano di battersi da anni «per rendere gli spazi urbani accessibili ai disabili e per contrastare le violenze contro i più deboli». Alla luce di ciò, essi ritengono tale battaglia sia «più efficace dell’acquisto di una vela pubblicitaria che stigmatizza scelte e persone». Secondo questa concezione, dunque, è giusto abbattere gli ostacoli architettonici per migliorare la vita dei disabili ma è altrettanto giusto aiutarli a morire, se essi lo desiderano, mentre chi ritiene siano degni di vivere sta commettendo una violenza nei loro confronti.
I Radicali marchigiani considerano dunque la campagna di Pro Vita & Famiglia come «la semplificazione di un tema etico, strumentalizzato psicologicamente con l’accostamento a un parente». In conclusione del comunicato, arrivano parole che parrebbero quasi rassicurare i pro life meno intransigenti: non c’è motivo di stracciarsi le vesti, perché, in caso di legalizzazione, l’eutanasia sarebbe praticabile soltanto sui «pazienti maggiorenni, capaci di intendere e volere, affetti da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi». E in ogni caso, concludono i Radicali marchigiani, è necessario «provare a rispettare le scelte e le sofferenze altrui, chiunque essi siano».
Gli attacchi radicali contro le campagne di Pro Vita & Famiglia non sono certo una novità. All’inizio di questo mese era stato Marco Cappato a replicare alla campagna in corso, dichiarando in un tweet: «Ogni persona malata dovrebbe essere libera di scegliere come e fino a che punto vivere la propria malattia». Curiosamente, in un’intervista a ilfattoquotidiano.it, Cappato spiega che la campagna di Pro Vita & Famiglia sull’eutanasia «è fatta con lo stesso stile delle nostre, che mettevano al centro una storia per parlare di un problema», ma mentre però i Radicali affermerebbero un «diritto» (quello di morire), Pro Vita & Famiglia non farebbe altro che «spaventare le persone», con frasi forti del tipo «potrà farsi uccidere».
Sfidiamo Cappato a dimostrare che il diritto a morire è più forte del diritto a vivere.
di Luca Marcolivio