27/06/2019

Canada, l’allarme di un disabile: «Arriveremo all’eutanasia obbligatoria?»

Tutto il dibattito sull’eutanasia è centrato sul principio di autodeterminazione del paziente (da leggersi senza eufemismi come diritto a morire). Finisce, invece, in secondo piano l’aspetto più inquietante, quindi quasi sempre censurato: numerosi disabili e malati gravi vengono persuasi a compiere la scelta dell’eutanasia.

A lanciare l’allarme è l’Euthanasia Prevention Coalition, il cui direttore esecutivo, Alex Schadenberg, ha riportato sul proprio blog la drammatica testimonianza di un canadese affetto da 33 anni da tetraplegia. «Subisco pressioni psicologiche da parte del personale che mi assiste riguardo all’eutanasia», scrive l’uomo in una e-mail indirizzata a Schadenberg. «Usano la pressione indiretta, parlando di altri pazienti che hanno scelto la via della morte, da me non richiesta».

Il paziente si dichiara «preoccupato per le leggi canadesi, così anti-vita» e ribadisce la contrarietà a morire per eutanasia. «Non ho scelto quando nascere e non sceglierò quando morire», aggiunge, puntando il dito contro «queste leggi malvagie che progrediscono contro i vulnerabili come me». Segue un angosciante interrogativo: «Quando questo nuovo diritto a morire diventerà dovere o obbligo di morire? Vedo che ormai sta arrivando…».

Commentando la lettera ricevuta, Schadenberg va al nocciolo della questione: «La gente parla di “libertà, scelta e autonomia”, senza rendersi conto di come, in definitiva, questi principi vengono rivendicati solamente quando si tratta di affermare l’eutanasia». In realtà sono «il medico» o «l’infermiere» a «decidere se tu devi morire per eutanasia», pertanto, «molti medici e infermieri compiono discriminazioni ingiuste contro persone con disabilità».

Schadenberg menziona poi i casi di due persone, Candice Lewis e Roger Foley, entrambe sottoposte a pressioni affinché optassero per l’eutanasia.

L’eutanasia è quindi «venduta al pubblico, in base a una teoria», per cui «le vite delle persone con disabilità sono spesso giudicate in base alla percezione della ‘qualità della vita’ dei disabili stessi. Queste percezioni della qualità della vita possono essere mortali», conclude quindi Schadenberg.

Luca Marcolivio

Fonte: Alex Schandenberg

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