Duecento dollari per un cervello di bambino abortito: questo il prezzo pagato dall’Università dell’Indiana. Non è certo questa la notizia che vorremmo dare nella Giornata Mondiale dei Diritti del Bambino.
Siamo stati tra i primi a denunciare in Europa lo scandaloso e macabro commercio della Planned Parenthood Federation (PPF), colta in flagrante a vendere illegalmente gli organi dei bambini abortiti.
Abbiamo anche spiegato che il macabro commercio non serve alla ricerca.
Recentemente, l’ Indiana University ha candidamente ammesso di acquistare il cervello a quel prezzo e ha perfino citato in giudizio lo stato dell’Indiana, al fine di poter continuare a fare esperimenti utilizzando, appunto il cervello dei bambini abortiti.
Una nuova legge appena approvata nello Stato in questione, infatti, contribuirà a fermare questo macabro commercio: i corpi bambini abortiti dovranno essere cremati o sepolti.
I ricercatori dell’Indiana University, dal canto loro, sostengono che queste nuove misure mettono in pericolo la ricerca e soffocano la loro libertà accademica.
La controparte, invece, solleva anzitutto dubbi sul fatto che la madre abbia dato il consenso a usare il corpo del bambino per la ricerca. Inoltre, perché l’università ha pagato 200 dollari a campione? Sono stati dati alla madre? Certamente no. Anzi la clinica abortista è stata anche da lei profumatamente pagata...
Il dottor David Prentice, Vice Presidente e Direttore di Ricerca per il Charlotte Lozier Institute, ha rilevato che l’Indiana University non ha dato alcuna prova del fatto che le parti del corpo dei bambini abortiti servano alla ricerca. La denuncia è vaga e non circostanziata: non spiegano a cosa serva, per esempio, il cervello; non spiega quali studi si stanno facendo e con quali risultati, né spiega perché è necessario proprio il cervello di un bambino.
Anche un editoriale del Milwaukee Journal Sentinel dello scorso settembre, firmato da sei medici ricercatori, ha spiegato il motivo per cui l’utilizzo di “tessuto” fetale per la ricerca è inutile per gli scienziati.
“Molte terapie sono state sviluppate utilizzando linee cellulari non di origine fetale, compresa l’insulina per il diabete (prodotto in batteri), l’ Herceptin per il cancro al seno e l’attivatore tissutale del plasminogeno per l’infarto, l’ictus e l’ embolia polmonare“.
Inoltre, le indagini che hanno messo la PPF sul banco degli imputati hanno mostrato che gli aborti venivano fatti in modo da danneggiare il meno possibile il campione: quindi cercando di far nascere il bambino vivo...
Redazione
Fonte:LifeNews