In un recente comunicato stampa, il Confad (Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità) ha messo in risalto tutta la negligenza di questo governo in merito alle problematiche che riguardano i disabili e le loro famiglie. Ne abbiamo parlato col presidente Alessandro Chiarini, al quale abbiamo rivolto alcune domande
Innanzitutto dottor Chiarini, come nasce la vostra associazione?
«Confad è nata e si è costituita regolarmente nel 2007 ed è nata come associazione di genitori di persone con disabilità grave. E’ un’associazione di volontariato che nasce con lo scopo di mettere al centro famiglie con disabilità e quindi di mettere al centro la persona con disabilità ma anche e soprattutto il nucleo familiare che deve fare il grande gesto di responsabilità di accudire la persona con disabilità grave. E’ una figura che l’ordinamento attuale non ha messo opportunamente a fuoco perché ad oggi esiste una legge che è stata approvata dove possiamo rivendicare il merito di aver sollecitato la politica in questo senso. Ma purtroppo, fin qui si è giunti ad una legge che stabilisce (legge di bilancio 2018) un fondo destinato alla valorizzazione di questo ruolo ma poi da allora non è stata ha fatto seguito alcuna misura che andasse a creare una legge che stabilisse quali sono gli strumenti e le tutele, i diritti del caregiver familiare. Per un concetto di focalizzazione della famiglia con disabilità che permetta di vedere la persona con disabilità non solo come un essere umano a se stante ma inserito in un contesto familiare che di fatto vive, soffre e ama e si assume una grande responsabilità. Quindi per noi tutto il nucleo familiare va messo al centro. Questa è un po’ la sintesi della filosofia della nostra associazione che nasce nel 2007. Abbiamo circa 20.000 iscritti tra iscrizioni individuali e iscrizioni di associazioni (perché raggruppiamo anche un’ottantina di associazioni)»
Ma quindi la figura del caregiver non è riconosciuta dallo Stato?
«E’ riconosciuta nei termini in cui le dicevo. Noi mettiamo sempre a fianco la parola “familiare” perché il termine “caregiver” da solo, può riferirsi anche ad una semplice figura professionale. Il caregiver familiare è un familiare, una persona convivente che vive h24 a fianco alla persona con disabilità grave e che quindi spesso e volentieri deve annullarsi per accudire, assistere e seguire il proprio familiare con disabilità grave».
A proposito di “caregiver familiari”, tra l’altro, ricordiamo che il 22 luglio scorso, a piazza Montecitorio, sono scesi in piazza i genitori dei figli disabili per accendere i riflettori sulle difficoltà che i genitori caregiver, si trovano quotidianamente a vivere e si sono ritrovati a vivere, ancora di più, durante il lockdown. Allo stesso modo voi, nel vostro recente comunicato stampa dichiarate “Con la pandemia e il lockdown in particolare, le persone con disabilità sono state fra le persone meno rispettate nei loro diritti. E con loro, i caregiver familiari, colpevolmente dimenticati.” Cosa chiedete concretamente al governo?
«Innanzitutto maggiore attenzione, perché noi interloquiamo con politici di ogni orientamento politico. Non c’è un politico che nell’enunciazione non si dichiari a favore dei diritti dei caregiver, il problema è che nella pratica non abbiamo risposte. Quindi il problema è agire ma con tempestività, esprimendo una volontà politica per arrivare ad una legge che dia delle tutele. Spesso il caregiver familiare, infatti, deve abbandonare il lavoro, perché non riesce a conciliare l’attività di caregiver con quella lavorativa e diventa disoccupato per lo Stato, una persona, di fatto senza tutele e senza diritti. Quindi il caregiver familiare deve avere dei percorsi di sostegno economico e dei percorsi di prepensionamento piuttosto che di riconoscimento di contributi figurativi, perché diversamente questa attività è del tutto trasparente per l’INPS e per lo stato italiano che non le dà alcun tipo di riconoscimento. Questo è un atto di profonda ingiustizia verso queste persone».
Nel comunicato parlate anche di assenza di sostegno agli alunni con disabilità. Ci sarebbero circa 285 mila allievi disabili. Quest’anno, potrebbero essercene 10-15 mila di più. Com’è possibile che questa non sia considerata un’emergenza e come si potrebbe arginarla?
«Non è considerata un’emergenza, è vero. La figura dell’insegnante di sostegno è sempre stata considerata l’ultima ruota del carro. Spesso si è assegnato questo ruolo a precari, personale senza esperienza, quando per noi è veramente una persona che deve esprimere una grande professionalità, dev’essere più di un insegnante e quindi va valorizzato come insegnante di sostegno. E poi bisogna mettere la parola fine a questa prassi odiosa, per cui l’anno scolastico inizia e poi, purtroppo, ci sono tantissimi casi di insegnanti di sostegno non ancora assegnati e quindi si preclude, di fatto, il diritto all’istruzione degli alunni con disabilità. E questo è un altro elemento di profonda ingiustizia sociale verso queste persone. Senza dimenticare che con la fase del lockdown della fase1 e quindi con la chiusura delle scuole e dei centri, i caregiver familiari hanno dovuto necessariamente mettersi a fianco del figlio o del parente con disabilità per aiutarlo a riuscire ad avere un minimo di fruibilità della didattica a distanza».