In queste prime tre settimane di elargizione dell’assegno unico, il Forum delle Associazioni Familiari sta monitorando la corretta ricezione di questa misura, nonché il suo impatto tra i fruitori. Come spiegato a Pro Vita & Famiglia da Emma Ciccarelli, vicepresidente dello stesso Forum, si tratta di un punto di partenza per delle politiche familiari che in Italia non erano mai esistite. Ora la sfida è quella del rilancio demografico, per il quale, però serviranno anni e, soprattutto, un cambio di mentalità.
Dottoressa Ciccarelli, come lei stessa ha sottolineato, l’assegno unico è stato un passo non risolutivo ma comunque necessario…
«Non è risolutivo ma è sicuramente un primo grande passo in termini di politiche familiari, che l’Italia finora non aveva mai avuto. È un primo mattoncino che viene messo, non è sufficiente, non cambierà completamente la vita del nostro paese ma è un mattoncino su cui cominciare a costruire delle vere politiche familiari».
Perché è più conveniente una soluzione omogenea e standard rispetto a tante misure mirate ad hoc sulle specifiche realtà familiari?
«Il vantaggio è che questa è una riforma strutturale. Dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni d’età di ogni figlio, la famiglia ha la sicurezza di ricevere questo assegno mensile che solleva e dà respiro. Gli altri bonus (bonus bebè, bonus nascita, bonus asili, ecc.) sono limitati nel tempo e ai governi. Una legge strutturale, al contrario, significa veramente cambiare a poco a poco cultura, norme e abitudini del paese. I bonus sono una sorta di elemosina, mentre una riforma fatta con una legge dello Stato, dà un assetto di maggiore sicurezza».
La riscossione dell’assegno unico è iniziata il 1° gennaio 2022: come stanno rispondendo le famiglie italiane?
«Stiamo ricevendo tantissime e-mail di ringraziamento, una grossa fetta di famiglie possono accedere a questo contributo: lavoratori autonomi, liberi professionisti, disoccupati. È un incoraggiamento a proseguire su questa strada. Le richieste stanno procedendo e anche noi del Forum stiamo facendo campagna di sensibilizzazione sul sito dell’INPS. C’è una piccola fetta di famiglie, che coprono soprattutto i redditi medi, sulle quali stiamo verificando che non vi siano perdite economiche, però questo potremo farlo solo a conti fatti da parte dell’INPS. Il nostro compito ora è soltanto quello di fare monitoraggio su come l’assegno unico stia procedendo, riguardo al funzionamento corretto del meccanismo ma anche nel verificare che rechi un beneficio effettivo a tutte le fasce sociali. Questa è una fase di monitoraggio e di verifica: non ci fermiamo qui, perché comunque il nostro impegno è quello di implementare ancora di più l’assegno in futuro e comunque di accompagnarlo anche ad altri servizi per la famiglia, perché non basta l’assegno unico per rilanciare la natalità e per sostenere chi con coraggio mette al mondo dei figli».
Quali altre misure sarebbero quindi necessarie per le famiglie italiane?
«C’è anche un impegno da parte del governo sul fronte della riforma fiscale, quindi sicuramente su quel piano saremo presenti anche noi. Ridurre le detrazioni per figlio è comunque una perdita, quindi, cercheremo di limitare al minimo possibile questo cambiamento. Cercheremo di sollecitare le istituzioni sulle spese fisse che vengono sostenute per i figli e che non vengano imputate alla tassazione. Su quello abbiamo chiesto di partecipare a tavoli tecnici di lavoro, per dare il nostro punto di vista. Lavoreremo anche sul piano dei servizi, in primo luogo alla genitorialità, non ultima la gestione dello smart working e del lavoro femminile, tutti ambiti connessi tra loro che non possono essere trascurati. Le donne non possono essere penalizzate per il fatto che dedicano una parte considerevole della loro vita alla maternità. La maternità deve diventare un valore sociale ma, perché accada, ha bisogno di risposte concrete».
Come ha affermato poco fa, l’assegno unico da solo non basta per affrontare la sfida del rilancio demografico. Cos’altro serve dunque?
«È un segnale e, in quanto tale, non è risolutivo. Per cambiare il trend della natalità servono molte altre riforme strutturali che ancora mancano. Come ho detto, va dato spazio al valore della maternità. È un lavoro ad ampio spettro. Attualmente stiamo già preparando la seconda edizione degli stati generali della natalità, proprio per non mollare l’attenzione su questo tema che comunque riguarda tutti e, soprattutto, riguarda il futuro del nostro Paese e anche del nostro continente. Quella della denatalità è una tendenza generalizzata, soprattutto nei paesi più avanzati. L’Europa è un po’ una capofila di questa tendenza assieme al Giappone. L’Italia è un fanalino di coda in questa graduatoria. Si tratta quindi di ripensare la demografia e di ristabilire un equilibrio in questa piramide demografica che, al momento, è molto squilibrata. Le manovre non cambiano la situazione da un giorno all’altro. Per cambiare l’assetto di una piramide demografica servono intere generazioni. Intanto, però bisogna cominciare e con urgenza. La questione demografica è una questione non più rinviabile e va affrontata come un’emergenza».