Dietro alla contraccezione (variamente declinata: “pianificazione familiare”, “controllo delle nascite”, “sesso sicuro”...) si nasconde non solo Thanatos, il dio della morte, ma anche, più banalmente, Mammona: il dio profitto.
Un paio d’anni fa Mons. Emmanuel Badejo, vescovo di Oyo, nigeriano e presidente per l’Apostolato per le comunicazioni della Conferenza episcopale nigeriana, ha protestato contro quello che ha chiamato “colonizzazione ideologica”: ha fatto sapere che gli Stati Uniti si sono detti disposti ad aiutare la Nigeria contro il terrorismo di Boko Haram solo se il paese modifica le sue leggi sull’omosessualità, sulla pianificazione familiare e sul controllo delle nascite.
Un pesante “ricatto” da parte degli Stati Uniti che, se confermato, la direbbe lunga sulla direzione intrapresa dall’establishment nordamericano in questioni di bioetica. Le ragioni di questa folle scelta politica (e geopolitica) sono sicuramente molteplici e profonde, ma c’è un aspetto che, benché non rappresenti che una spiegazione parziale, non può essere misconosciuto: l’aspetto economico. Non può sfuggire come i tre oggetti della richiesta statunitense, specialmente la pianificazione familiare e il controllo delle nascite, abbiano una forte relazione con la contraccezione. E la contraccezione produce miliardi di dollari. Se la Nigeria cambiasse le sue leggi sui punti indicati, si aprirebbe o allargherebbe un nuovo appetibile mercato per le multina- zionali del preservativo, delle pillole e dei metodi contraccettivi in genere.
La contraccezione: un volume economico enorme
Per capire le dimensioni degli interessi in gioco è necessario considerare qualche dato. I contraccettivi muovono soldi. Molti soldi. Negli Stati Uniti, una donna può arrivare a spendere fino a $1.200 all’anno per la contraccezione orale (pillole), $1.200 all’anno per anelli vaginali e fino a $6.000 per la sterilizzazione chirurgica. Tra i produttori di contraccettivi troviamo naturalmente le più importanti case farmaceutiche come la Bayer (leader mondiale dei contraccettivi ormonali), la Teva Pharmaceutical e la Pfizer (che risulta essere la “Big pharma” in testa alla classifica dei ricavi complessivi nel 2008 e con un guadagno netto di 19 miliardi di dollari nel 2006).
Quale è la rilevanza economica della vendita di contraccettivi per queste aziende? È difficile fare una stima precisa ma si tratta di decine di miliardi all’anno. Nel 2008 sono stati spesi 9 miliardi di dollari solo in pillole anticoncezionali. Senza parlare degli altri tipi di contraccettivi (preservativi, IUD, ecc.). Stiamo parlando di una quantità di soldi tale da far sì che, più spesso di quanto non si creda, la logica della salute e del benessere di milioni di persone ceda alla logica del profitto.
Così, ad esempio, la Bayer tenne nascosti gli effetti collaterali negativi della pillola con- traccettiva “Yasmin”, minimizzando i rischi in confronto ad altre pillole contraccettive. Non è difficile immaginare il perché: nel 2008 (per prendere un solo anno) la vendita della pillola aveva prodotto un miliardo di euro. Le autorità tedesche parlarono di 7 morti legate all’uso di Yasmin mentre negli Stati Uniti si stima che la pillola abbia causato la morte di più di 50 persone tra il 2004 e il 2008, tra cui anche ragazze di 17 anni. La Bayer si rifiutò di pubblicare i dati sugli effetti collaterali dei suoi contraccettivi, dichiarando di “non voler allarmare gli utenti”.
Davanti all’impressionante volume d’affari e di ricavi dietro al business della contraccezione, non può che venire il “dubbio” (per utilizzare un eufemismo) che, dietro a certe politiche basate sul controllo delle nascite e il planning familiare, non ci sia tanto una preoccupazione (falsamente) filantropica di promozione dei cosiddetti diritti sessuali e riproduttivi, quanto le pressioni di forti centri di interesse che seguono la logica del profitto.
Dietro a “pianificazione familiare”, “controllo delle nascite” e “sesso sicuro”, si nasconde non solo Thanatos, dio della morte, ma anche, più banalmente, il dio Mammona.
Alessandro Fiore
Fonte: Notizie ProVita, aprile 2015, p.13
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