Risale al 21 gennaio scorso la nota congiunta del MIUR e del Ministero della Salute con cui si è resa possibile la didattica in presenza per alunni con disabilità e BES, anche se il resto della classe è in DAD. Disposizioni che però hanno suscitato delle perplessità proprio tra alcune associazioni di genitori con alunni disabili. Tra cui “ReteSupeRare” che ultimamente ha diffuso un comunicato, in merito, sottolineando le contraddizioni e gli svantaggi che derivano dalle disposizioni del Miur, così come palesato anche da Pro Vita & Famiglia che ha lanciato una petizione proprio per chiedere lo stop ad una Dad indiscriminata. Per saperne di più sulla questione Dad e didattica in presenza rivolta agli studenti con disabilità abbiamo intervistato Mariella Tarquini, fondatrice di questa associazione che riunisce chi si occupa di disabilità a diverso titolo: genitori, portatori di disabilità, terapisti della neuro riabilitazione, persone che hanno una sensibilità verso questi temi e se sono occupati a livello scientifico, ma anche avvocati e insegnanti.
Come associazione avete diffuso un comunicato stampa in cui vengono sottolineate alcune criticità su Dad e lezioni in presenza per alunni disabili
«Sì. Alla base di qualsiasi principio di inclusione ed integrazione c’è sicuramente un fattore fondamentale che è il gruppo dei pari, senza dimenticare mai che l’unica realtà esterna alla famiglia, quale forma di inclusione ed integrazione per chi è portatore di una disabilità importante, è esclusivamente la scuola, perché è l’unica realtà in cui questi ragazzi possono vivere alla pari, misurandosi appunto con i pari. Usciti dalla scuola, i nostri figli hanno spesso di fronte dei percorsi che non sono in un regime di pariteticità con i cosiddetti “normo”. Quindi, nel momento in cui, prefiguriamo anche di fronte ad un’emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo, una scuola aperta per i pochi giorni di una quarantena, esclusivamente per loro, di fatto, dal nostro punto di vista, stiamo venendo meno a qualsiasi principio basilare dell’integrazione scolastica, perché quel bambino si troverà solo in classe, con la presenza del suo docente di sostegno, mentre i compagni sono dall’altra parte dello schermo. Questo, secondo noi è qualcosa di veramente grave, anche se si dà prevalenza all’apprendimento, tuttavia nessuno si è posto nei panni di quell’alunno che entra a scuola in totale solitudine. Inoltre viene da chiedersi come vivono i compagni questa netta demarcazione tra loro che sono a casa e gli altri che si trovano dall’altra parte dello schermo.
Quindi scorge una forma di discriminazione in questo?
«Mi chiedo cosa voglia dire che i nostri figli sono soli: se la classe è in quarantena, perché i nostri figli no? Che vuole dire? Che gli altri devono avere delle tutele sanitarie e i nostri figli no? E gli insegnanti di sostegno non corrono rischi per la loro salute come gli altri? Ci dicono tutti che stiamo parlando, per alcuni tipi di disabilità, del mantenimento di un’abitudine. Mi chiedo di quale tipo di “abitudine” si stia parlando perché una scuola vuota non è più la stessa scuola per i nostri figli»
Ci fa un bilancio di questo primo mese dell’anno? Che problemi avete riscontrato?
«I problemi riscontrati sono i soliti: quelli strategici, che sostanzialmente la scuola vive, al di là di ritrovarci spesso classi in quarantena, difficoltà a comprendere procedure amministrative ecc. Abbiamo riscontrato una discontinuità di fronte alla situazione attuale: sono carenti tante figure di supporto, perché loro malgrado si trovano in condizione di quarantena. Tanti insegnanti di sostegno, non essendoci, a scuola, adeguate e sufficienti figure, per supplire ai cosiddetti curriculari, spesso si trovano a supplire anche le assenze dei colleghi. Quindi i bambini vivono forme di discontinuità. Dal nostro punto di vista, come ReteSupeRare, è fondamentale la cosiddetta corresponsabilità del corpo docente, perché i nostri figli non sono appannaggio dell’insegnante di sostegno. Soprattutto, in questo momento di emergenza sanitaria, dobbiamo essere in grado di capire che quel bambino deve poter essere in grado di lavorare con tutte le figure di riferimento e che non è affidabile esclusivamente all’insegnante di sostegno che è un supporto alla classe».
A proposito di questo, quanto è importante la continuità didattica per i vostri figli?
«La continuità è il presupposto indispensabile e necessario perché qualsiasi progetto educativo può avere successo e portare al miglioramento delle condizioni di vita dei nostri figli se è forte ed è efficiente il cosiddetto “sistema di rete”, perché quella che è la vita all’interno della scuola deve rientrare all’interno di un progetto di vita e quindi ci dev’essere una continuità scuola- famiglia, bisogna lavorare tutti per lo stesso obiettivo, col focus primario che dev’essere necessariamente l’alunno. La scuola è valida nel momento in cui assolve al suo obiettivo primario che è quello di fare rete».