Pressoché tutti i virgolettati della stampa hanno fatto riferimento ai nuovi rilievi di papa Francesco sulla pandemia e sul ruolo dei vaccini. Pochissimi, al contrario, hanno riportato le importantissime parole del Santo Padre in merito alla cancel culture e al deliberato obiettivo della distruzione delle identità che fondano la cultura cristiana e occidentale.
Non è la prima volta che il Papa si scagliava contro le colonizzazioni ideologiche, tuttavia, in occasione del tradizionale discorso di inizio anno al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il Pontefice ha girato più del solito il coltello nella piaga, individuando in modo più esplicito le dinamiche del problema e i relativi attori.
Francesco ha evidenziato innanzitutto un «deficit di efficacia di molte organizzazioni internazionali», dovuto anche a un’agenda sbilanciata su «tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione». È abbastanza chiaro il riferimento agli organismi delle Nazioni Unite – dall’Unicef alla Fao – che subordinano gli aiuti ai paesi in via di sviluppo all’imposizione di politiche di controllo delle nascite e non solo. Francesco punta il dito contro «agende sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli».
La «colonizzazione ideologica» che avanza, ha proseguito il Santo Padre, «non lascia spazio alla libertà di espressione» e oggi «assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche». «In nome della protezione delle diversità – prosegue il Santo Padre – si finisce per cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità».
Si fa strada un «pensiero unico pericoloso» che fa tabula rasa delle tradizioni, delle «diversità» e delle «sensibilità storiche che contraddistinguono i vari popoli». La «diplomazia multilaterale», ha aggiunto il Pontefice, dovrebbe, al contrario, «trovare soluzioni comuni per il bene di tutti» in un clima di «fiducia reciproca e disponibilità a dialogare, ovvero ad ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme».
Sebbene il «dialogo» rimanga «la via più adatta per arrivare a riconoscere ciò che dev’essere sempre affermato e rispettato, e che va oltre il consenso occasionale», non va dimenticato che «ci sono alcuni valori permanenti», la cui accettazione «conferisce solidità e stabilità a un’etica sociale». Tra questi principi, il Santo Padre ha individuato in particolare «il diritto alla vita, dal concepimento sino alla fine naturale, e il diritto alla libertà religiosa».
In quasi nove anni di pontificato, papa Francesco ha puntato molto su un dialogo con il mondo liberal e sulla collaborazione con le varie agenzie internazionali su temi come il cambiamento climatico e le migrazioni. Sui principi non negoziabili, tuttavia, la Chiesa ha visto fin troppe porte sbattute in faccia. Uno sbilanciamento ormai troppo evidente, riguardo al quale ora il Papa inizia a chiedere una resa dei conti.