Un gesto talmente grave che la Regione Liguria sta valutando azioni legali. Stiamo parlando di quanto accaduto alla stazione di Genova Porta Principe dove, secondo quanto ricostruito dalle testimonianze e denunce, una comitiva di turisti ha occupato i posti sul treno prenotati da un gruppo di 27 disabili, rifiutandosi di alzarsi e lasciando letteralmente a piedi i giovani, che sono poi stati costretti a prendere una navetta sostitutiva messa a disposizione da Trenitalia.
Nonostante la presenza della polizia ferroviaria e del capotreno, infatti, i turisti non ne hanno voluto sapere di alzarsi. E tutto ciò è sintomatico di una vicenda dagli enormi contorni discriminatori e che, purtroppo, ci invita a riflettere. Molto.
Intanto, tornando alla cronaca di quanto accaduto, il Codacons presenterà una denuncia: «Vicenda disgustosa in cui sono venute a mancare le normali regole di convivenza», afferma, mentre Assoutenti ha presentato un’istanza scritta alle procure della Repubblica di Genova e di Milano, con l’ipotesi di violenza privata, sottolineando l’inciviltà e il degrado morale del gesto.
Non è mancato nemmeno l’intervento del ministro per le Disabilità, Erika Stefani: «Ventisette persone con disabilità cacciate dal treno, chiamiamo le cose con il loro nome e condanniamo questo gesto. L’inclusione è una battaglia che ci vede tutti uniti ed episodi del genere vanno stigmatizzati all’unanimità».
Insomma, si grida giustamente allo scandalo da più parti, ma occorre anche un’analisi più profonda di quanto accaduto, per cercare le “ragioni” (non di certo le giustificazioni) di questo gravissimo gesto. Non si arriva da un giorno all’altro ad episodi di discriminazioni di questo livello, se non si è abituati a vivere quotidianamente in una società che, purtroppo, ha fatto dell’efficientismo e della cultura dello scarto i suoi pilastri, al punto da trasformare certi gravi modi di pensare in atti gravissimi come se il posto a sedere sia dovuto a chi è più forte e veloce a prenderlo.
Una cultura dello scarto che, lo sappiamo bene, purtroppo spazia dalla discriminazione su un treno alla discriminazione su chi deve addirittura vivere o morire anche se, ovviamente (e ci teniamo a ribadirlo), si tratta di circostanze agli antipodi e che non si possono neanche minimamente paragonare per gravità. Il caso di Genova, però, può portarci ad una prima e iniziale analisi su ciò che la cultura dello scarto porta con sé.
Diritti negati, vite discriminate, esistenze riposte all’angolo e alle quali non si permette né di vivere né di farlo adeguatamente e con dignità. Diritti negati perché si è disabili, perché si è anziani o “inutili” all’economia, perché si è senza voce o senza possibilità di ribellarsi.