Disney+ ha annunciato che, dal 25 giugno prossimo, sarà disponibile Pride, una docuserie in sei episodi che documenterebbe la battaglia ideologica degli LGBT, dagli anni ’50 in poi.
Manco a dirlo, i registi appartengono alla galassia LGBTQ+ e ci si sofferma in particolare sulle “guerre culturali” degli anni ‘90 e oltre, Ogni episodio dell’opera affronta, in maniera dettagliata, un decennio, dagli anni ’60 agli anni 2000. Dalla marcia del primo gaypride alla nascita del movimento trans, al matrimonio egualitario.
Sicuramente è singolare che tutto questo venga trasmesso proprio sulla piattaforma di Disney+. Innanzitutto perché viene da chiedersi in che modo possa interessare ai bambini e ai ragazzini la storia della comunità LGBT e l’evoluzione della lotta per i loro “diritti”. Davvero è difficile capire quale sia il reale obiettivo di tutto questo. Forse un obiettivo “educativo”? Se è così forse è più il caso di parlare di “indottrinamento”, perché è ormai noto a tutti che la comunità LGBT è portavoce di un’ideologia che non ha alcun fondamento scientifico e che non essendo basata su evidenze empiriche, non può essere dimostrata ma solo imposta a suon di slogan.
Non è un caso, infatti, che come target si scelga una fascia d’età sempre più bassa, come in questo caso: è molto più facile far penetrare certe idee, in personalità ancora in formazione, che non possiedono gli strumenti culturali e critici per filtrare certi messaggi, che negli adulti.
Peraltro, ultimamente, anche alla luce del discusso ddl Zan, si sta assistendo ad un risveglio generale, in quanto è sempre più chiara la radice fasulla di certa ideologia e i mezzi dittatoriali (tra cui rientra appunto il bombardamento mediatico e nel caso del ddl Zan, addirittura, multe e reclusione) con cui si cerchi ormai di imporla.