Vincenzo D’Incecco è candidato alle regionali in Abruzzo per la Lega. Lo abbiamo intervistato in vista dell’impegno elettorale – di domenica 10 marzo - sui temi di Pro Vita & Famiglia: ciò che emerge è l’attenzione che personalmente cercherà di mettere nell’impegno culturale per difendere nella società odierna, questi valori. Tanto da aver anche sottoscritto il manifesto valoriale della onlus.
Vincenzo D’Incecco: partiamo dal dato sulla denatalità e sugli aborti. Che ne pensa?
«Sono d’accordo su quanto esprime Pro Vita & Famiglia nella lotta alla denatalità. Per quanto ritengo gli strumenti utili, però, non sono solo quelli di natura economica ma devono inserirsi anche nella sfera culturale e concettuale. Se ho una buona conoscenza della società chi fa pochi figli ormai intraprende la scelta per condizione culturale e di pensiero non tanto per una questione economica che cero incide ma in minima parte. Sono anni che si è infatti creata una sottocultura che pensa che la libertà individuale sia da mettere al primo posto e che relega i bambini a “problema”, impegno insormontabile . Non è tanto una questione economica, dunque, ma concettuale».
Come arginare allora il fenomeno?
«Io inizierei con i servizi: costruire una società in cui già all’interno delle scuole si possa far comprendere che la famiglia è un valore fondamentale, cosi come i figli sono un valore fondamentale. Che ogni nazione tramanda la sua esistenza con una discreta natalità. Abbiamo una necessità anche di forza lavoro di un certo tipo: le famiglie negli ultimi tempi indirizzano i figli verso un tipo di studio mentre quello che manca oggi in Italia è soprattutto l’industria manifatturiera, che era la nostra spina dorsale. E’ un problema culturale: le famiglie evitano per i giovani i lavori manuali. Quindi i ragazzi non trovano lavoro e quindi le famiglie sono sempre più in difficoltà e le giovani coppie pensano: che facciamo a fare i figli? Questo ha allontanato l’idea di famiglia che noi dobbiamo salvaguardare»
Un’idea che anche nelle scuole manca. Scuole dove mette radici l’ideologia, come il gender.
«Quando mi dicono che fenomeni come l’utero in affitto generano comunque natalità…mi viene da dissentire: ovviamente non è la stessa cosa. Non è tanto solo questione di natalità ma la società si fonda sul concetto di famiglia che è l’architrave del mondo su cui tutto si basa. Sono anni che la scuola è stata depotenziata e snaturata. Le Istituzioni dovrebbero ridare senso alla scuola e la stessa deve dare valori come spiegare il ruolo della famiglia, liberandola da infiltrazioni gender. Ma dobbiamo ricordare che la famiglia deve avere un ruolo primario nell’educazione: se lascia alla scuola troppo spazio c’è il rischio che si insinuino le ideologie sbagliate»
Anche il fine vita parte da un problema culturale?
«Sì, la questione è complicata ma bisogna essere fermi sull’impostazione generale. Se la società comprende che la vita è un valore e che nessuno deve toccare questo vale dal concepimento alla fine è un discorso. Invece il relativismo insinua che tu possa decidere di te stesso dall’inizio alla fine e che la libertà di fare ciò che uno vuole è intoccabile. Occorre far comprendere fin da piccoli, invece, che ci sono valori non negoziabili. Non si può aprire dibattiti su questo tema altrimenti si apre la fessura e passa qualsiasi cosa. In casi limiti è corretto? Se parti da qui allora la fessura si allarga sempre più. Purtroppo si è insinuato nella testa di tutti anche una questione costi/benefici. Dobbiamo ripartire da un dato culturale/valoriale. Ovvio che anche la religione dovrebbe avere un peso specifico più importante: bisognerebbe che anche i parroci spingessero di più su questo punto. Se credi in Dio non puoi giudicarti favorevole alla libera scelta: il cattolicesimo deve essere più fermo su questo per impedire che certi disvalori prendano il sopravvento»
Problema dipendenze, una piaga nella società di oggi.
«Tutti questi aspetti nel loro insieme si sono insinuati nella società occidentale dopo la rivoluzione francese. Concetto di base lavorare sul tema uomo: non è un automa, non può sempre decidere su se stesso. Non siamo liberi quello che deriva da questa società è una parvenza di libertà. Quello di morire è una libertà? Non cambia in meglio la società così. Chi ha una grave dipendenza deve essere aiutato e bisogna lavorare per una tutela e un supporto. Videogiochi, telefonino anche la tecnologia ha inciso: si crede di essere liberi ma in realtà si è molto più dipendenti: del commercio online, degli acquisti compulsivi. Una dipendenza sì bisogna coltivare: quella dai rapporti umani. E’ l’unica via d’uscita».