Massimiliano Salini, classe 1973, è un eurodeputato, fin dal 2014, ri-candidato per Forza Italia-Noi Moderati nella circoscrizione dell’Italia Nord Occidentale. E’ stato anche presidente della provincia di Cremona dal 2009 al 2014.
I temi, i valori e i princìpi espressi nel Manifesto di Pro Vita & Famiglia sono da molti considerati divisivi e “politicamente scorretti”, anche se affondano le radici nella stessa identità dell’Europa. Perché ha deciso di sottoscrivere il Manifesto e che ruolo hanno questi valori nella sua vita ed esperienza politica?
«L’Europa, gli Stati, le istituzioni in generale spesso commettono l’errore di considerare alcune tematiche fondamentali, come ad esempio la questione demografica, le tematiche sociali e ambientali, come elementi “programmabili dall’alto”, troppo spesso e malauguratamente considerando la famiglia come qualcosa di “fastidioso”. Dobbiamo lavorare a fondo e concretamente per ribaltare l’immagine di un continente vecchio e stanco che, sopravanzato dalle nuove potenze mondiali in continua crescita, abbandona la cultura della vita per pura fibrillazione ideologica. Ora ci troviamo a fronteggiare una grave crisi culturale e politica dell’Europa, che dietro ai fasti di un progressismo dalle forti venature totalitarie vuole imporre un pensiero unico che nega secoli di cultura della discussione, dell’approfondimento, dell’argomentazione, del rispetto».
Lei ha già svolto il mandato di Parlamentare europeo, carica per cui si sta oggi ricandidando, in un contesto politico ostile ai valori e princìpi espressi nel Manifesto. Quali azioni concrete lei o il suo gruppo avete messo in campo in passato per tentare di arginare l’attuale ostilità dell’Unione Europea ai valori e princìpi espressi nel Manifesto (dichiarazioni, voti, proposte legislative, convegni ed eventi)?
«Un caso su tutti, poche settimane fa. Ho ritenuto e lasciato agli atti come “dichiarazioni ufficiale di voto” come l’introduzione del “diritto all’aborto” nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea fosse inutile nella forma, violenta nel metodo, dannosa nei contenuti. L’iniziativa del gruppo Reniew e abbracciata dalla sinistra europea era innanzitutto una pura operazione elettorale, una stelletta di progressismo che la sinistra voleva appuntarsi al petto ben sapendo la perfetta inutilità dell’operazione. La proclamazione, assolutamente controversa, della pratica dell’aborto come un “diritto”, lungi dall’essere un’affermazione di libertà, è al contrario un atto di prevaricazione che punta a rendere innanzitutto inaccoglibili nel dibattito pubblico le posizioni divergenti di chi esprime contrarietà o anche solo solleva dubbi, e inoltre a ridurre se non addirittura impedire un sacrosanto diritto (questo sì!) come l’obiezione di coscienza di fronte a una pratica legittimamente ritenuta inaccettabile. Rimane infine da sottolineare che, in un’Europa in piena crisi demografica, sbandierare il diritto all’aborto come un passo importante da compiere significa essere affetti non da miopia ma da una vera e propria cecità di fronte alle urgenze del tempo presente».
Scelga un punto del Manifesto sottoscritto che riterrebbe prioritario affrontare se rieletto al Parlamento Europeo e ci spieghi che cosa proporrebbe, concretamente, per dargli attuazione politica e legislativa.
«Mi soffermo sul punto 2 del Manifesto. Non si può pensare di incentivare la natalità a prescindere dal valore della famiglia. Considero la famiglia il baricentro della società. La logica e diretta conseguenza di questo principio è l’attuazione di politiche strutturate a sostegno delle famiglie, del loro benessere e delle loro prospettive».
Oltre ai valori e princìpi espressi nel Manifesto sottoscritto, su quali specifiche sfide, misure e iniziative ritiene in assoluto più urgente concentrarsi a livello di Unione Europea?
«La prossima Legislatura, in questo delicato contesto internazionale, sarà molto importante perché dovrà segnare e articolare un nuovo “protagonismo” dell’Istituzione Europa dalla tutela dei diritti fondamentali, alla competitività, alla sostenibilità e ad una forte politica estera comune. I focolai di guerra nel mondo e anche alle porte dell’Europa sono drammatici. Ma la pace non si autogenera. La migliore deterrenza alla guerra è una politica estera europea, una difesa efficiente che superi la frammentazione degli stati. Solo così l’Europa, che ritengo essere la mia casa con il Partito Popolare Europeo, riuscirà con forza ad alzare la voce e a “contare” sullo scenario internazionale, anche nei contesti più delicati. L’altro tema delicato è il Green Deal. Ritengo che l’Europa non debba fare nemmeno mezzo passo indietro rispetto agli obiettivi, anche ambiziosi, legati alla transizione ecologica. Altrimenti sarebbe una sconfitta. Ma bisogna anche immaginare che l’Europa ha intrapreso il percorso della sostenibilità grazie al lavoro incessante dei nostri imprenditori, all’impegno dei cittadini. Dobbiamo fidarci delle nostre attività produttive, evitando di calare dall’alto a tutti i costi provvedimenti e regolamenti che minano la competitività delle imprese».