Il suo impegno politico iniziò a seguito di un episodio che ha spaccato fortemente l’opinione pubblica. Clara Ferranti, docente e ricercatrice di glottologia e linguistica all’Università di Macerata, salì alla ribalta delle cronache nel 2017, quando la sua iniziativa di pregare l’Ave Maria assieme ai suoi studenti, poco prima di una lezione, fu aspramente criticata dall’opinione pubblica laicista. Da allora, la professoressa Ferranti ha moltiplicato le sue iniziative per la libertà religiosa ed educativa, per la vita e per la famiglia. Da anni collaboratrice di Pro Vita & Famiglia e del Comitato No194, la Ferranti svolge parallelamente attività politica con il Popolo della Famiglia. Alle elezioni politiche del 25 settembre, è candidata alla Camera per la lista Alternativa per l’Italia, nel collegio uninominale di Macerata e, per quanto riguarda il proporzionale, nella circoscrizione delle Marche. A Pro Vita & Famiglia, Clara Ferranti ha illustrato i contenuti del suo programma elettorale.
Professoressa Ferranti, lei si candida in primo luogo per difendere i principi non negoziabili. Quali sono, a suo avviso, i mezzi più efficaci per contrastare la denatalità?
«Già dalle scorse elezioni politiche, il Popolo della Famiglia propose il reddito di maternità. Vogliamo offrire la possibilità di uno stipendio alle donne che scelgono di essere mamme. Taluni ci hanno accusato di essere retrogradi e medievali, perché, secondo loro, vorremmo che le donne rimanessero relegate in casa. In realtà, vorremo dare loro la massima libertà di scelta, anche quella di rimanere a casa senza essere costrette a sbarcare il lunario. Per quanto riguarda la nostra proposta, è prevista la somministrazione del reddito di maternità fino ai 9-10 anni d’età del figlio più piccolo».
In questa campagna elettorale, si è sorprendentemente acceso il dibattito sull’aborto. Voi cosa proponete per la tutela della vita nascente?
«La Legge 194 non è una legge esclusivamente sull’aborto, tuttavia, se dovessimo ottenere la maggioranza in Parlamento faremmo di tutto per abolirla. Nel modo in cui è formulata, è talmente ambigua che certe donne – quantomeno quelle vicine a gruppi come Non una di meno – credono esista un diritto ad abortire. Se studiassero meglio i contenuti della 194, scoprirebbero che non è così. In teoria, l’aborto sarebbe consentito solo in casi particolari, tuttavia la legge è fatta talmente male, che può aprire le porte a molte altre possibilità. La 194 parte, comunque, dal principio che il bambino debba nascere. In certi casi, c’è di mezzo la dolorosissima scelta tra la vita della madre e la vita del figlio. C’è chi, come Chiara Corbella, scelse di sospendere le cure per far nascere il proprio bambino e, alla fine, morì lei, quando avrebbe anche avuto la possibilità di curarsi, lasciando morire il figlio. L’aborto dovrebbe essere davvero l’ultima disperata opzione, eppure oggi ci sono ragazze che, senza soffrire di problemi di salute o psicologici, abortiscono come fosse un metodo anticoncezionale. Noi, invece, riteniamo che la donna vada aiutata e amata, in una società che mette al centro l’essere umano».
A suo avviso, quali altre categorie umane andrebbero messe al centro?
«Mettere al centro l’essere umano vuol dire circondare d’attenzione le categorie più fragili. L’obiettivo è dare sostegno ai disabili, agli anziani, che lo Stato tende a ignorare totalmente. Ne parlo per esperienza personale, avendo dovuto, tempo fa, sporgere denuncia alla casa di cura in cui è stata mia madre, prima di morire».
La cura degli anziani e dei malati è collegata al tema del fine vita e dell’eutanasia, su cui le vostre posizioni sono molto nette…
«Il leader del Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi, smascherò Marco Cappato quando propose un referendum, facendo credere che si andava a legalizzare l’eutanasia. In realtà si trattava della depenalizzazione dell’aiuto al suicidio, punito dal Codice Penale. Noi del Popolo della Famiglia abbiamo poi fatto banchetti per una raccolta di firme contro il suicidio assistito. Siamo molto distanti da distanti da questa cultura della morte che vorrebbe vedere il malato “libero” di uccidersi con una punturina o togliendogli le cure fondamentali, l’alimentazione, l’idratazione. Il fine vita va trattato nella maniera più dignitosa che possa esserci, perché quell’essere umano vada trattato come tale».
Altro punto fondamentale del vostro programma è il contrasto all’ideologia gender. In che modo?
«Ci siamo sempre battuti contro l’ideologia gender e il pensiero unico. Finora la nostra è sempre stata solo una testimonianza ma, se dovessimo andare al governo, sarebbe tradotta in atti concreti. È chiaro che faremo una fortissima opposizione a tutto ciò che viene imposto ai ragazzi, a un’educazione che proviene dal mondo LGBT+ e da tutte le 58 e più identità che gli attivisti arcobaleno vorrebbero riconoscere. Ogni bambino ha un padre e una madre, quindi nessuno può imporre nelle scuole programmi che educhino al gender fluid, all’idea che le famiglie possano essere di tanti tipi (quindi anche “arcobaleno”), al diritto all’adozione omogenitoriale, all’abominio dell’utero in affitto. La Costituzione parla di famiglia naturale: non si può cambiare la Costituzione sulla famiglia, come invece vorrebbe l’agenda LGBT+».