Federico Bertorello è un battitore libero. Non le manda a dire agli alleati politici e si confronta volentieri con gli avversari. Sui principi in cui crede, però, non arretra mai di un millimetro. 39 anni, genovese, sposato e padre di famiglia, avvocato cassazionista, Bertorello è militante nella Lega da quindici anni ed è stato eletto al consiglio comunale di Genova nel 2017, venendo nominato poco dopo consulente per gli affari legali del Comune dal sindaco Marco Bucci. In questa veste, è stato protagonista di un’incredibile vicenda giudiziaria, conclusasi con un’importante vittoria per la famiglia naturale, che però è stata mal digerita dai militanti lgbt. In occasione della sua candidatura al consiglio regionale della Liguria, a sostegno del presidente uscente Giovanni Toti, Federico Bertorello ha illustrato a Pro Vita & Famiglia il suo programma, che pone al centro le famiglie numerose e in difficoltà economica. Nella speranza di un rilancio della natalità in quella che è la regione demograficamente più anziana d’Europa.
Avvocato Bertorello, che bilancio trae dalla sua esperienza come consigliere comunale a Genova?
«In questi tre anni, mi sono reso conto che, anche nel nostro mondo cattolico e pro life, c’è una paura nel fare lobbying (nel senso buono e “americano” del termine) a difesa dei nostri valori. Al contrario, dobbiamo saperci spendere, farci valere e metterci la faccia, altrimenti siamo destinati a soccombere. Il mio è un richiamo a far valere il concetto di famiglia così come è tutelato dalla Costituzione italiana, la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale, il mantenere la barra dritta in campo educativo, evitando insegnamenti deviati sul gender a scuola. Purtroppo il nostro Comune ha concesso il patrocinio al Gay Pride e non sono mancati momenti in cui vari rappresentanti della giunta comunale più “blasonati” di me, proprio quando c’era da metterci la faccia, mi hanno lasciato solo. Invece non dovremmo aver paura di scontrarci con gruppi rispetto a noi minoritari ma più rumorosi. Io mi sono confrontato con questi gruppi e sono stato attaccato duramente, al punto che ho dovuto querelare ben 19 persone».
Può raccontarci nel dettaglio questa esperienza?
«È una vicenda che mi ha fatto soffrire moltissimo. È nata da un contenzioso sorto allorquando delle coppie omosessuali hanno chiesto il riconoscimento all’anagrafe del cognome della convivente non partoriente per bambini concepiti artificialmente in Spagna. In primo grado il Tribunale aveva accolto la registrazione del doppio cognome, con pronunciamenti che definirei scandalosi e privi di fondamento giuridico. Abbiamo quindi perso 14 cause, in sentenze non motivate sulla base del diritto, bensì sulla base di “sentimenti” che qualunque magistrato, nel suo lavoro, dovrebbe tenere da parte. Ho insistito nel portare avanti questa battaglia anche nel momento in cui il sindaco stava gettando la spugna. Consigliandomi con alcuni colleghi e con persone legate all’associazionismo cattolico, ho quindi chiesto al sindaco di firmare assieme a me tutti gli atti d’appello e di dare mandato all’avvocatura di impegnare tutte queste 14 sentenze. Tre di queste sentenze sono state ribaltate, ora attendiamo le altre in autunno. La Corte d’Appello ha riconosciuto che in Italia, essendo vietata la fecondazione eterologa, non era possibile chiedere per via amministrativa, il riconoscimento del doppio cognome e della doppia genitorialità per due donne. Dopo queste sentenze, sono stato pesantemente attaccato sui socialnetwork dalla comunità lgbt genovese italiana e persino internazionale, che, senza verificare il mio incarico di consigliere delegato per gli affari legali del Comune, ha veicolato false informazioni sul mio conto, dipingendomi come un orco e pedofilo, che avrebbe sottratto i bambini alle loro mamme…».
Addirittura?!
«Certamente! Tanto è vero che, per la prima volta da quando faccio politica, mi sono visto costretto a querelare ben 19 persone contro le quali ora pende un procedimento penale per diffamazione, aggravata dal mezzo utilizzato, i socialnetwork. Questa vicenda ha provocato gravissima sofferenza non solo a me ma anche alla mia famiglia e alle persone a me vicino. Con amarezza, devo dire che il mondo cattolico genovese mi ha lasciato piuttosto solo in questa battaglia. In un momento di scoramento avevo anche pensato di rimettere la mia delega al sindaco Marco Bucci. Nel frattempo, l’onorevole Edoardo Rixi mi ha proposto di candidarmi al consiglio regionale».
Qual è il suo programma, se sarà eletto consigliere regionale il prossimo 21 settembre?
«Anche in questa veste, continuerò a portare avanti i valori della famiglia intesa come unione tra un uomo e una donna. Mi batterò perché le risorse che Governo, Regione o Comune mettono in campo per le persone disagiate, vadano in primis ai cittadini residenti. Non è possibile vedere una pioggia di denaro destinata alla comunità rom e non, piuttosto, alle madri in difficoltà con più figli a carico o alle famiglie che hanno un Isee molto basso o prive di reddito, che fanno fatica ad avere i sussidi. In Comune, abbiamo fatto tanto durante l’emergenza-Covid, perché ci siamo sincerati che i buoni spesa fossero garantiti prima ai residenti da almeno dieci anni a Genova. Poi mi batterò affinché la Regione porti avanti tutta una serie di politiche sociali e sanitarie per l’esenzione dai ticket, a favore delle famiglie numerose. Dobbiamo incentivare le famiglie a fare figli e, a chi già ne ha, bisognerebbe garantire, ad esempio, la gratuità dei libri scolastici».
La Liguria, del resto, è la regione con l’età media più alta d’Europa…
«Da un lato, questo è positivo: vuol dire che i nostri anziani sono in salute e che il tasso di mortalità è basso. Dall’altro lato, però, si pone un problema enorme di denatalità. Il discorso è molto ampio, implica anche un problema occupazionale: l’obiettivo è che i nostri giovani rimangano a lavorare nella nostra regione e mettano al mondo figli, magari non fermandosi a un figlio solo. Invece, io stesso conosco molte coppie che rimangono senza figli per scelta, perché, dicono, “non potremmo mantenerli”».