La peculiarità del programma elettorale di Claudia Toso è nella famiglia come punto di partenza, già nel proprio vissuto personale. Medico, milanese, 47 anni, la candidata di Fratelli d’Italia al Consiglio Regionale della Lombardia alla elezioni del prossimo 12-13 febbraio è sposata e madre di cinque figli. L’altro punto fermo della sua azione politica è l’educazione, assieme alla sanità e alle imprese. A Pro Vita & Famiglia, Toso ha raccontato i dettagli del suo programma. Toso è stata inoltre tra i candidati di questa tornata elettorale ad aver firmato il manifesto valoriale di Pro Vita & Famiglia sull'impegno a tutelare la vita, la famiglia e la libertà educativa.
Claudia Toso, nel suo programma per le elezioni regionali in Lombardia, quali sono le misure a sostegno della famiglia, della maternità, del diritto alla vita sin dal concepimento?
«Non ho un background politico vero e proprio, anche se, negli anni dell’università, ho maturato un desiderio e una propensione verso l’impegno politico. Nel frattempo, mi sono laureata, mi sono sposata e ho avuto cinque figli: la prima è già al secondo anno di università, l’ultimo è in prima elementare. È evidente che per me la parola “politica” non può essere che a difesa e a tutela della famiglia, a partire dall’unità della medesima, anche perché, nella società di oggi, tutto sembra osteggiare l’unità stessa della famiglia. Favorire l’unità della famiglia implica cercare strumenti di carattere economico, pratico ma anche di carattere ideale ed educativo: le due cose devono andare insieme, affinché la famiglia rimanga il più possibile tutelata dagli attacchi che continua a ricevere».
Lei ha cinque figli: come andrebbero sostenute le famiglie come la sua?
«Da una recente reportistica fatta da Polis, l’accademia informativa di Regione Lombardia, emerge come la stessa Lombardia sia particolarmente interessata da elevati tassi di povertà, quando le famiglie iniziano ad essere numerose, ovvero da cinque componenti (almeno tre figli) in su. Il dato è di rilievo, perché in Lombardia l’incidenza della povertà nelle famiglie numerose è superiore rispetto ad altre regioni. Al contrario, se guardiamo i tassi di povertà tra i single, la Lombardia si colloca decisamente meglio rispetto alle altre regioni d’Italia. Questo è un dato che ci chiede di non essere sottovalutato, poiché il primo livello di sostegno alla famiglia non può che essere economico. Affinché questo venga in qualche modo favorito dalle politiche regionali, credo sia importante guardare all’esperienza di sostegno al reddito della donna, già in atto in altri Paesi europei. Dobbiamo in tutti i modi cercare di favorire il lavoro femminile. Le reportistiche cui ho fatto riferimento pongono in evidenza un gradiente tra reddito maschile e reddito femminile e un abbandono dell’attività lavorativa, o quantomeno una contrazione delle ore di lavoro della donna rispetto all’uomo in Lombardia (ma anche in tutta Italia). Sono quindi essenziali e di rilievo tutte le politiche di conciliazione famiglia-lavoro che siano di competenza regionale. La conciliazione famiglia-lavoro fa parte in qualche modo anche delle politiche di welfare aziendali a tutela della salute del lavoratore. L’idea è che le risorse economiche vengano in qualche modo ricollocate all’interno di uno specifico assessorato (Famiglia-Politiche sociali). L’intersezione è evidente anche con le politiche del lavoro che Regione Lombardia potrà mettere in atto».
Cosa può fare l’amministrazione regionale per evitare la diffusione dell’ideologia gender a scuola e difendere la libertà educativa dei genitori?
«Il mio percorso professionale di medico e di mamma di cinque figli, ha comportato molte rinunce: ho potuto affrontarle, grazie alla presenza di mio marito e all’unità familiare. Sono fortunata perché partivo da un titolo di studi elevato e ho potuto sviluppare un percorso professionale qualificato. Il fattore educativo e formativo ha avuto un peso importantissimo e qui arriviamo ad un altro dei punti cardine del mio programma elettorale: il tema della formazione è legato a quello della libertà di scelta educativa in capo alle famiglie per i propri figli. A livello europeo, l’Italia non è stata capace di far proprio il sistema di formazione integrato, dove tanto la scuola statale quanto la scuola privata cooperano per una pluralità di offerta formativa».
Qual è il vostro programma per la disabilità?
«Le politiche per la disabilità fanno riferimento al capitolo della sanità, che rappresenta uno dei quattro grandi capitoli del mio programma elettorale, assieme a famiglia, formazione e imprese. Buona parte delle politiche sulla disabilità sono di pertinenza del nostro sistema socio-sanitario. Pensiamo alla sfera dell’autismo, come pure alle tossicodipendenze e ai disagi mentali».
Cosa dovrà fare la nuova amministrazione regionale per le categorie più deboli, ovvero anziani e malati, specie nel fine vita?
«È una domanda che richiede una risposta complessissima. L’approccio è quello di un sostegno alla famiglia, perché tanto per la persona disabile, quanto per la persona anziana, la famiglia ha sempre un ruolo di leadership. È chiaro, poi, che la famiglia ha bisogno di avere intorno dei soggetti gestori di determinati servizi, che compongono quello che è l’assetto sociosanitario a corredo. Per cui, da questo punto di vista, dal sociale, si entra di più nella sfera sanitaria vera e propria, legata all’erogazione di determinate prestazioni, come, ad esempio, l’assistenza domiciliare integrata, piuttosto che la disponibilità sul territorio di servizi sociali intesi come ricoveri per persone anziane h-24, o ancora centri diurni, ricreativi, di riabilitazione, ecc. Tutto questo deve essere guardato con molta attenzione e semplificato ma il primo soggetto da irrobustire è sicuramente la famiglia.
Ha parlato delle imprese come altro punto cardine del suo programma: come si declina concretamente questo aspetto?
«È evidente che parlare di imprese vuol dire parlare di sostegno all’occupazione e al reddito. Il lavoro è creato dalle imprese ma il taglio che ho dato al mio programma è il ruolo delle imprese anche nel welfare sociale, nella sostenibilità, per la persona e per la collettività. Credo che le imprese possano essere un punto di riferimento importantissimo, anche su questo versante. E qui mi riallaccio a uno schema sanitario a me caro che è quello, ad esempio, della capacità del decisore politico di portare avanti alcune azioni preventive che possono essere effettuate proprio nelle imprese».