15/09/2022 di Luca Marcolivio

Elezioni. Politi (Lega): «Stato si faccia carico delle sofferenze che portano le donne ad abortire»

38 anni, laureato in scienze politiche per le relazioni internazionali, consulente fiscale e previdenziale, Maurizio Politi è candidato per la Lega nella circoscrizione Lazio 1 P02, alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre. Già consigliere comunale a Roma, a Pro Vita & Famiglia, Politi ha illustrato il suo programma, molto centrato sui principi non negoziabili.

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Maurizio Politi, lei ha alle spalle un’esperienza da consigliere comunale a Roma: quali sono state le principali iniziative per la vita, per la famiglia, per la libertà educativa da Lei portate avanti all’assemblea capitolina?

«I compiti del governo e quelli di un ente locale sono profondamente diversi. A Roma, comunque, ci siamo spesi per la libertà di scelta educativa, per quanto riguarda la fascia d’età 0-6, l’unica sulla quale un Comune ha una responsabilità rilevante. Ci siamo spesi per la proclamazione di Roma come Città per la Vita, anche se, in questo, abbiamo sempre incontrato l’ostilità del Movimento 5 Stelle e del Partito Democratico. In particolare, però, abbiamo proposto di creare un meccanismo tutto “romano” di accesso ai servizi che vada a prediligere in primis chi ha figli. Lo strumento dell’ISEE, come dimostra l’esperienza sul campo, non è idoneo a garantire le famiglie che già faticano tantissimo a tirare su i loro figli e ad offrire loro il meglio».

Il dibattito sulla vita nascente sta tornando piuttosto in auge. In questa campagna elettorale, per la prima volta dopo molto tempo, si è parlato d’aborto e comunque, in tutto il Paese, si pone un problema di natalità. Qual è il programma del suo partito in questi ambiti?

«Purtroppo, da anni, un certo clima sull’aborto impedisce di parlarne serenamente. Da un lato, la Legge 194 è sempre stata strumentalizzata dai suoi sostenitori, dall’altro ci troviamo di fronte a un dato di fatto: al netto delle tendenze culturali e religiose di ognuno, l’aborto rappresenta sempre una sconfitta e una grande sofferenza, di cui lo Stato dovrebbe farsi carico. Compito dello Stato dovrebbe essere quello di spiegare la bellezza della vita, aiutare a sostenere questa vita, non lasciare sole le donne nelle loro scelte. Oggi, purtroppo, non se ne può parlare serenamente, perché il principio che il mondo progressista vorrebbe imporre è quello dell’aborto libero, come voglio e quando voglio, facendo finta che non vi sia la sofferenza e che lo Stato non possa dare aiuto alla donna che lo chiede».

Lo scioglimento anticipato della legislatura ha fermato un progetto di legge molto aggressivo sul fine vita. Di cosa hanno realmente bisogno i nostri anziani, i nostri disabili e i nostri concittadini più fragili?

«Andiamo incontro a cambiamenti sempre più radicali, anche nel modo di vivere delle famiglie. La speranza di vita media è aumentata tantissimo ma i nuclei familiari sono molto più fragili di prima. È chiaro, quindi, che un intervento normativo spinto da parte del Parlamento, come poteva essere questa legge sul fine vita, avrebbe creato più problemi che altro. Ritengo che il nuovo Parlamento abbia davanti a sé una grande sfida: quella di sostenere realmente le famiglie nelle difficoltà quotidiane che vivono, in cui i nonni rappresentano una risorsa per le famiglie dove entrambi i genitori lavorano. Dovremmo capire come conciliare questo con un intervento dello Stato, che sia il più armonioso possibile, evitando di indicare una linea che rischia di determinare più problemi che vantaggi».

L’ideologia gender è sempre più aggressiva, minaccia la libertà educativa e uno dei suoi peggiori frutti avvelenati è l’utero in affitto. Cosa bisognerà cambiare nella prossima legislatura per invertire questa deriva antropologica?

«Negli ultimi dieci anni, abbiamo assistito a un’invasività incredibile sia da parte degli enti locali, sia da parte dello Stato, in fatto di programmi educativi, nei termini di un profondo cambiamento antropologico. Sembra che si sia scatenata una gigantesca guerra contro la libertà di scelta educativa. La teoria del gender è uno di questi tasselli, come lo è stato anche il ddl Zan. È quella “cura delle diversità” che, in realtà, non mira a includere ma, piuttosto, ad escludere. Oggi andiamo incontro a una cultura che purtroppo distrugge ogni punto di riferimento. È chiaro che quando tu elimini la possibilità di sapere di chi sei figlio, hai colpito alle radici l’essere umano. Tutto ciò, su un bambino, ha effetti devastanti, di cui ci renderemo veramente conto soltanto tra qualche anno. Io credo che il centrodestra continuerà a rappresentare l’argine ad una tendenza che è di portata mondiale e che dovremo affrontare assieme a tutti coloro i quali, non in base a posizioni politiche ma per una mera questione di buon senso, prendono atto che un bambino nasce da un padre e da una madre e che la famiglia ha il primato sull’educazione rispetto allo Stato».

Quando si parla di protezione dei minori, ci sono due grosse minacce che incombono su di loro: la sessualizzazione precoce tramite il web (e non solo) e le droghe. La Lega cosa propone a riguardo?

«In termini di iniziazione alla sessualità, ci sono dei programmi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità veramente agghiaccianti. Di fondo, c’è sempre una volontà di offrire ai ragazzi e alle ragazze una scelta facile, mai qualcosa di profondo in cui credere. Sia la droga sia la sessualità vissuta in maniera malsana rappresentano un rifugio da qualcosa che non va. Piuttosto che affrontare i problemi delle nuove generazioni, qualcuno pensa di offrire loro un po’ di porno, un po’ di droga, relazioni sessuali basate sull’estemporaneità totale che nulla offrono nel lungo periodo e, soprattutto, non aiutano a raggiungere ciò che ogni essere umano cerca: la felicità».

In questi due ambiti, cosa andrà fatto?

«L’educazione alla sessualità appartiene alle famiglie, la scuola c’entra esclusivamente in seconda battuta. Non esistono, poi, droghe “pesanti” o “leggere”, qualunque droga fa male, fa schifo, non aggiunge nulla al bene comune, né alla vita di chi la consuma. Non esiste alcun bisogno di legalizzarla, semmai bisognerebbe combatterla con maggiore incisività».

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