Giacomo Zamperini, 37 anni, è consigliere comunale a Lecco dal 2006. Tra i pionieri di Fratelli d’Italia nel suo Comune, è uno dei più convinti sostenitori della premier Giorgia Meloni a livello territoriale. Zamperini, tuttavia, è soprattutto un convinto sostenitore di tutte le cause sostenute da Pro Vita & Famiglia. A colloquio con la nostra testata, il consigliere comunale lecchese ha parlato della sua candidatura alle elezioni regionali in Lombardia del prossimo 12-13 febbraio, dove si presenta con programma fortemente orientato in senso pro-life e pro-family. Zamperini è stato inoltre tra i candidati di questa tornata elettorale ad aver firmato il manifesto valoriale di Pro Vita & Famiglia sull'impegno a tutelare la vita, la famiglia e la libertà educativa.
Ascolta "Elezioni Regionali Lombardia. Zamperini (FdI): «Proporrò assessorato alla famiglia»" su Spreaker.Giacomo Zamperini, nel suo programma sono previste misure di sostegno sociale ed economico alla maternità, per promuovere il diritto alla vita sin dal concepimento?
«Non solo sono previste nel mio programma ma già le porto avanti da capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio Comunale a Lecco. In questa veste ho presentato più di una decina di proposte a sostegno della maternità e della natalità. Quello che dovrà essere fatto, naturalmente, è prendersi cura della famiglia, intesa come progetto sociale su cui investire: è soltanto investendo sulle famiglie, specialmente quelle numerose, che si può contrastare la crisi demografica. Chiederò l’istituzione di un assessorato regionale alla Famiglia, in quanto ritengo si tratti di un tema fondamentale. Viviamo in un tempo sempre più caotico e frenetico, dove i nipoti fanno fatica a incontrare i nonni, i genitori a incontrare i figli, i mariti a stare insieme alle mogli: bisogna restituire del tempo da dedicare alle famiglie. Questa è una priorità che va portata avanti nella Regione Lombardia. Nel concreto, abbiamo tanti esempi, basti vedere ciò che ha messo in piedi la vicina Regione Piemonte per il sostegno alla maternità: noi faremo altrettanto. Ci sono tanti bei progetti nei territori, dal Progetto Gemma ad altre iniziative che vanno sostenute, non soltanto per quanto riguarda i progetti in sé, ma anche le associazioni che li promuovono. Le istituzioni non devono sostituirsi alle associazioni che rappresentano il vero punto d’incontro nei territori e che quindi bisogna sostenere».
Che provvedimenti ha in mente in materia di sostegno socio-economico e fiscale alle famiglie, specialmente a quelle numerose?
«Va rivista la normativa legata all’ISEE, prendendo come faro il quoziente familiare. Io sono single e non ho figli ma mi rendo conto che la comunità debba occuparsi prioritariamente di chi vive in famiglia, specie se si tratta di famiglie numerose. Al tema del quoziente familiare deve essere ridata centralità, soprattutto aiutando economicamente ogni madre che vuole portare avanti la gravidanza. Non c’è nulla di peggio al mondo del dover ricorrere all’aborto per questioni economiche, quindi, secondo me è fondamentale che la Regione Lombardia si premunisca di tutti gli strumenti necessari, affinché non accada. Se una donna che rimane incinta ha bisogno di sostegno e ciò va fatto a partire dalla collaborazione con le associazioni che fanno uno splendido lavoro sui territori. Il diritto alla vita è un diritto che va promosso senza giudizi ma con decisione. Quanto al tema della casa, le giovani coppie, bisogna avere un occhio di riguardo alle graduatorie che devono considerare anche il tema del nucleo familiare».
Prevede un divieto di diffondere nelle scuole di competenza comunale (come le materne), corsi e attività sull’educazione sessuale o affettiva improntati all’ideologia gender, per difendere il diritto di priorità educativa dei genitori?
«La discriminazione non è un diritto, nemmeno sul piano sessuale, né, tantomeno, può essere promossa. Quello che invece va promosso è il diritto alla scelta educativa delle famiglie, per dare una formazione ai propri figli, senza che vi sia un surrettizio indottrinamento delle scuole sul tema del gender. C’è troppa confusione in questi ragazzi: mettere in testa a qualcuno che può decidere arbitrariamente di essere uomo o donna a seconda di “come gli gira”, è un messaggio sbagliato. Ciò non esclude, di certo, la lotta alle discriminazioni che ancora sussistono. Oltre al diritto alla scelta educativa, quindi, va tutelato anche il diritto al riconoscimento della giusta e sacrosanta divisione biologica tra i generi. Troppo spesso si verificano ingiustizie, ad esempio, in campo sportivo o nelle carceri, per cui, se una persona, per avere delle facilitazioni si dichiara donna, mette in moto un cortocircuito per cui non sappiamo come si reagirebbe. Come per tutte le leggi, dobbiamo usare il buon senso, a tutela dei più fragili, evitando le prevaricazioni».
Quali politiche intende promuovere per tutelare i diritti delle persone con disabilità e impedire che le barriere, non solo architettoniche, le spingano ai margini della società?
«Non sono solo le barriere architettoniche a creare ostacoli ma tanti tipi di barriere, dal trasporto pubblico locale al diritto al lavoro, che non deve riguardare soltanto le persone normodotate. Ci sono bellissime esperienze, penso a PizzAut, progetto rivolto a ragazzi con autismo, o ad altri progetti per ragazzi con sindrome di Down. Ci sono tantissime iniziative sul territorio che vanno custodite, sostenute, alimentate per favorire l’inclusività nel lavoro anche delle persone disabili. Non dobbiamo aver paura delle differenze. Ci riempiamo sempre la bocca dell’accoglienza del diverso ma dobbiamo farlo nella vita di tutti i giorni. Le persone diversamente abili possono insegnarci tanto e avere una loro autonomia dal punto di vista lavorativo, abitativo e sociale. Questo è sicuramente un tema che va sostenuto, anche e soprattutto economicamente. Ci sono tante iniziative che già vengono portate avanti dalla Regione Lombardia ma va fatto ancora di più, anche sul tema dell’informazione alle famiglie, che, ad esempio, dopo una diagnosi pre-parto, si trovano di fronte a una scelta: a loro va fatto capire che l’abilità diversa non significa una vita di sofferenze ma significa una vita piena».
Cosa propone per difendere le fasi più fragili o finali della vita umana? Quali servizi specifici per non lasciare malati e anziani isolati dal contesto sociale?
«Lecco è un polo di eccellenza in tema delle cure palliative ma anche in questo bisogna fare molto di più, per accompagnare le persone alla fine della vita, nel rispetto della vita stessa e della dignità umana. Bisogna fare tutto ciò che è necessario, perché nessuno si senta solo. Il male di oggi non è la morte in sé – tutti dobbiamo morire – ma la paura di restare soli da parte di molti anziani e persone malate. Purtroppo, la pandemia e le restrizioni legate al Covid hanno accentuato questa paura. Qui vicino Lecco, abbiamo il Monte San Martino, che richiama alla mente il santo che donò il suo pallio, ovvero il suo mantello a una persona bisognosa: da qui deriva il termine “cure palliative”. Questo è l’obiettivo: sostenere chi si prender cora dei sofferenti e non abbandonarli, sostenendo tutte le realtà che si occupano di fine vita, nel rispetto della dignità umana, nel rispetto dei singoli e soprattutto del rispetto della vita, che non è meno dignitosa quando arriva alla sua conclusione».