Il 17 e 18 ottobre i cittadini romani saranno chiamati a scegliere il nuovo Sindaco della Capitale al ballottaggio tra il candidato di centrodestra Enrico Michetti e quello della sinistra Roberto Gualtieri. Pro Vita & Famiglia ha chiesto a Giuseppe Scicchitano, candidato al Comune di Roma con Fratelli d’Italia e firmatario del nostro manifesto elettorale per la Vita, la Famiglia e la Libertà Educativa, alcune valutazioni sull’esito del primo turno e sull’importanza del ballottaggio del prossimo fine settimana.
Scicchitano, lei ha definito “clamoroso” aver raccolto 2.393 preferenze sulla sua candidatura al Comune di Roma, pur non essendo stato eletto al primo turno. Perché lo ritiene comunque un successo?
«Perché è il frutto di meno di un mese di campagna elettorale, in cui ho raccolto i voti uno per uno a mani nude. Ho deciso di candidarmi ad agosto e ho consegnato i primi ‘santini’ elettorali il 5 settembre… e si è votato il 3 ottobre! C’era chi si preparava a questo appuntamento da anni. Un risultato ottenuto senza il sostegno di apparati o strutture territoriali consolidate, segreterie politiche, correnti, accoppiate strategiche, storici dirigenti nazionali o locali. Una piccola impresa che ‘battezza’ il progetto di animare a livello nazionale una comunità politica di dichiarata ispirazione cristiana dentro Fratelli d’Italia, che accolga e formi giovani che vogliono dedicare le loro migliori energie per il bene dell’Italia».
Molti consideravano “problematica” la sua candidatura di cattolico moderato in Fratelli d’Italia già prima delle inchieste sui contatti tra esponenti politici di centrodestra ed elementi di destra estrema. Pensa di essere stato penalizzato dal polverone mediatico a due giorni dal voto?
«Il mio risultato dimostra che la competitività di Fratelli d’Italia si moltiplica se il partito intercetta e interpreta il bisogno di rappresentanza di un elettorato moderato di estrazione cattolico-popolare, e allo stesso tempo che questo elettorato non considera affatto gli eredi della destra sociale invotabili, come si sente dire, se sono capaci di far maturare la loro offerta politica pur senza tradire memoria e identità. Questo, ovviamente, presuppone recidere con l’accetta residui elementi nostalgici di lessici, simbologie o attitudini neofasciste, da sempre incompatibili non solo con la mia fede cattolica e la mia cultura politica ma anche col moderno partito conservatore che ha in mente Giorgia Meloni, che ringrazio per l’eccezionale statura politica che sta dimostrando come leader».
Lei sarà eletto al Consiglio Comunale di Roma solo se il candidato di centrodestra Enrico Michetti vincerà il ballottaggio del 17 e 18 ottobre contro il candidato di sinistra. Che differenza c’è tra i due candidati in tema di vita, famiglia e libertà educativa?
«Abissale! Il nostro Michetti ha in programma sostegni alle famiglie numerose, incentivi alla natalità, il rispetto della libertà educativa dei genitori contro l’ideologia gender nelle scuole, che spesso parte proprio dagli asili di competenza comunale e che la sinistra considera invece una forma di progresso. In generale, il centrodestra riconosce e promuove il principio di sussidiarietà contro il centralismo statalista della sinistra. Inoltre, il candidato di sinistra ha promesso di ordinare alle anagrafi comunali di riconoscere bambini nati all’estero tramite l’utero in affitto come figli di “due padri”, una gravissima sponda ai movimenti Lgbt che vorrebbero legalizzare questa pratica barbara e incivile. Il 17 e 18 ottobre non si vota solo su traffico e degrado di Roma, temi urgentissimi, ma anche su valori fondamentali della nostra civiltà: non vanno al ballottaggio solo due candidati, ma due visioni opposte sulla vita e la famiglia. Non è possibile astenersi, bisogna andare a votare e invito tutti a votare per Enrico Michetti e la visione antropologica che rappresenta».