Giovanni Govetto, candidato per Fratelli D’Italia alle elezioni amministrative del Comune di Udine (per Pietro Fontanini sindaco), in Friuli Venezia Giulia – che si terranno i prossimi 2 e 3 aprile - ha dialogato con la nostra redazione sulle tematiche pro life e ha firmato il Manifesto Valoriale proposto da Pro Vita & Famiglia. Matrimonio, libertà educativa e anziani, spiega, sono risorse che possono e devono essere tutelate. Ecco come.
In Italia imperversa un drammatico declino demografico. Ritiene giusto dover tutelare socialmente la maternità e la paternità e proteggere la vita nascente dalle istanze pro-aborto?
«Il tema del calo demografico deve essere centrale. Non si può far decidere di avere figli alle persone ma chi governa ha responsabilità di dover fornire a chi desidera di avere figli o che è in attesa la possibilità di portare a termine questo desiderio e la gravidanza. Non può succedere che qualcuno decida di abortire per questioni economiche, finanziarie o sociali. Non si può interrompere una gravidanza per una condizione di questo tipo. La prima modalità per tutelare la vita nascente è chiarire questo aspetto cultuale: poi i finanziamenti e gli interventi vengono dopo».
L’altro fronte della tutela della Vita è quello legato all’eutanasia. Quali sono, secondo Lei, le priorità in tema di cura e rispetto della dignità umana, applicazione delle leggi palliative (legge 38/2010) e obiezione di coscienza per i medici e il personale medico?
«La vita non è un bene disponibile così come un mio organo non è un bene disponibile. Ci possono essere certo delle situazioni limite ma il rapporto tra politica e sanità è molto delicato. Quando l’organismo non risponde più, la politica deve dialogare con la medicina. L’obiezione di coscienza è un tema di civiltà».
Cosa dovrebbero fare la istituzioni locali in tema di politiche familiari per favorire la formazione di nuove famiglie fondate sul matrimonio e, di pari passo, contrastare tutte quelle istanze contrarie al concetto stesso di famiglia come l’adozione per coppie dello stesso sesso o l’utero in affitto?
«Sulla famiglia e matrimonio bisogna innanzitutto chiarire le idee di matrimonio: con questo gesto si chiarisce stabilità alla coppia. Un riferimento che anche per i figli è determinante. Una famiglia stabile è meglio di una famiglia instabile. Per questo le politiche dovrebbero essere portate a rafforzare questo istituto per cui come governo fornisco servizi ma in cambio occorre distinguere tra contributi laddove ci sia un matrimonio e quindi stabilità e laddove ci siano unioni non stabili. Se io do il contributo per l’acquisto della casa solo a chi deciso di sposarsi lo vedo positivamente: fa si che ci sia una stabilità, una tutela, che attiva un circolo virtuoso. Il matrimonio favorisce anche la nuova vita, molto di più che non unioni omosessuali che non hanno possibilità di accoglierla».
Uno dei diritti inviolabili delle famiglie è quello alla libertà educativa. Ritiene giusto contrastare qualsiasi forma di strumentalizzazione ideologica della scuola, in particolare per quanto riguardo la “propaganda gender”?
«Il gender? Ritenere che l’identità sessuale ricada nella sfera soggettiva e non oggettiva è un giudizio che distorce fortemente quella che è la realtà dei fatti. Il tema è politico e la cosa è delicata: è materia che va ad incidere addirittura sui bambini. Non possono essere sostenuti coloro che ritengono che i caratteri sessuali non oggettivi. Per questo ritengo che la teoria gender passerà di moda: occorre tenere la barra dritta consapevoli che viviamo in una società con mode e fake news».
Si è parlato, prima, di fine vita. Alcune istanze eutanasiche vorrebbero far rientrare in ciò perfino i più anziani, considerati come non più produttivi e utili alla società. Una vera e propria forma di “cultura dello scarto”. Come vanno, invece, tutelati e accompagnati i nostri anziani?
«Questa degli anziani secondo me è una sfida epocale: coloro che sono pensionati, e che sono in forze, hanno ancora la possibilità di contribuire alla società. Perché questi devono passare da 40 ore di lavoro a 0 in una settimana? E se queste persone sono contente ancora di aiutare per qualche ora a settimana l’ambito lavorativo nel quale fino ad allora aveva lavorato? Magari con esperienze e indicazioni da tramandare? Certo che chi vuole andare vada, ma perché non ragionare anche in termini di flessibilità? Cioè perché non permettere a chi vuole di prestare ancora servizio? Ed essere ancora valorizzato?».
Infine, tra i drammi che mettono a repentaglio il sano sviluppo dei nostri giovani, ci sono le dipendenze. Dall’uso di sostanze stupefacenti fino all’ipersessualizzazione dei minori in Rete. Quali sono le politiche da adottare per arginare queste dipendenze comportamentali?
«Bisogna partire dalla famiglia. E’ la famiglia che dà al giovane il cellulare o le risorse economiche che possono essere male utilizzate. Famiglia e istituzioni scolastiche e parrocchie devono lavorare in sinergia per combattere queste problematiche».