04/12/2020 di Manuela Antonacci

Ellen Page: «Sono trans, chiamatemi Elliot». E tutti la esaltano

"D'ora in poi chiamatemi Elliot". E’ la richiesta con cui Ellen Page, protagonista di "Juno" ha fatto coming out dichiarandosi transgender. La giovane attrice trentatreenne, candidata agli Oscar nel 2008, sei anni fa, aveva già annunciato di essere gay.

Ma recentemente, ha voluto esporsi nuovamente con un secondo coming out e in un lungo post sul suo profilo instagram, ha detto di considerarsi un trans "non binario", cioè né uomo né donna, ma che d'ora in poi userà come pronomi he/they", lui e loro. Difficile comprendere a quale tipo di identità alluda una, di fatto, “non identità”, ma pare che la Elliot, per il momento si senta “contenta” così, in una sorta di limbo all’interno del quale dovrà però riconsiderare una serie di scelte compiute fino a quel momento.

Infatti, dopo aver sbandierato il suo orgoglio gay, Ellen Page, ha sposato due anni fa la ballerina e coreografa Emma Porter. E ora? Altro giro, altra corsa? Eppure lei, convinta ha affermato "Mi sento fortunata a poterlo dire. Di essere qui. Di essere arrivata a questo punto della mia vita".

Ma c’è qualcosa che non torna, perché l’attrice avrebbe anche ammesso di aver vissuto con grande difficoltà l’idea di questo secondo outing, a causa "dell'odio, gli scherzi e la violenza" a cui sarebbero soggetti i trans. Ovviamente, la colpa è sempre degli altri, dell’omofobia, in questo caso, della “transfobia” interiorizzata. E non, magari, della semplice presa di coscienza di uno smarrimento esistenziale che la porta a navigare da un’identità all’altra fino a non identificarsi con alcuna identità.

In uno slancio di entusiasmo ha poi espresso la sua "estrema gratitudine” per le persone che l'hanno accompagnata e appoggiata in questo “percorso”. “Non posso cominciare a esprimere come è straordinario amare finalmente la persona che sono". E non ha mancato nemmeno di ringraziare la comunità trans per "il coraggio e l'incessante lavoro per rendere il mondo un posto più inclusivo e compassionevole", attaccando allo stesso tempo i leader politici che "lavorano per criminalizzare la sanità per i trans": gente - ha aggiunto - che "ha le mani sporche di sangue".

Ma in tutto ciò emerge in modo estremamente chiaro che, evidentemente tutti quelli che” l’hanno accompagnata in questo percorso”, nel preoccuparsi esclusivamente di assumere un atteggiamento in linea col politicamente corretto, mostrandosi, dunque, pronti ad accogliere a braccia aperte qualunque sua stranezza, non si sono minimamente chiesti cosa le stesse succedendo davvero e quale fosse il vero bene per lei. E a noi più che “tolleranza”, tutto questo sembra disinteresse e ipocrisia.

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