La recente sentenza della Corte Costituzionale di cui abbiamo già parlato, eliminando il divieto di diagnosi pre impianto degli embrioni creati artificialmente in laboratorio, conferma la deriva eugenetica presente nel nostro ordinamento giuridico fin dal 1978, quando la legge ha legalizzato l’aborto “terapeutico”.
Temiamo poi di dover rilevare che la sentenza della Consulta sia pervasa di un’insana mentalità eutanasica.
In proposito pubblichiamo il contributo che ci ha gentilmente inviato Olimpia Tarzia, Presidente del Movimento PER Politica Etica Responsabilità e Consigliere regionale del Lazio. Condividiamo in toto l’analisi della Tarzia, come si evince anche dalle sottolineature che ci siamo permessi di aggiungere tra parentesi quadra.
La sentenza della Consulta, che ha stabilito l’illegittimità costituzionale dell’articolo della legge 40/2004 sulla fecondazione artificiale che vieta la selezione degli embrioni, apre le porte ad una vera e propria selezione della razza umana. Non sarà più reato, infatti, ricorrere alla selezione degli embrioni, cioè decidere quali esseri umani hanno diritto a vivere, perché sani e quali devono essere soppressi perché ‘difettosi’.
I Giudici della Consulta hanno con pronuncia additiva di fatto eliminato la penale rilevanza della selezione eugenetica e della soppressione degli embrioni affetti da patologie genetiche. Il reato era previsto all’art. 13 commi 3 lett B) e comma 4 della L. 40/2004.
La decisione non è esente da vizi giuridici e contiene talune opinabili affermazioni di merito e non di mera legittimità.
La norma riformata, ad avviso della Corte, violerebbe gli art. 3 (principio di uguaglianza) e 32 (diritto alla salute) della nostra Costituzione.
Il riferimento al principio di uguaglianza, in particolare, si rileva quasi incomprensibile se si pensa che in caso di concepimento naturale una simile generalizzata “selezione” preventiva non è neppure immaginabile; peraltro se ci si riferisce alle ipotesi di aborto consentite non bisogna dimenticare che, in tal caso, la legge consente una scelta individuale [comunque abominevole, ndr], mentre la norma in questione – così come modificata – liberalizza, si ripete, tecniche di selezione preventiva degli embrioni lasciando ogni potere di scelta ai medici e non alle libere coscienze dei singoli. Peraltro, per rafforzare una decisione quantomeno discutibile, la Corte fa riferimento a un non meglio specificato “diritto al rispetto della vita privata e familiare” che includerebbe il diritto della coppia “a generare un figlio non affetto da malattia genetica”.
[A quando, allora, il diritto a sopprimere il figlio che si ammala, o si droga, o va in depressione, dopo la nascita? Fino a che età? I sostenitori dell’eutanasia stanno lavorando anche per soddisfare questo “diritto”.... ndr].
Un simile diritto non solo non esiste nel nostro ordinamento, ma per di più contrasterebbe con l’art. 13 della costituzione che stabilisce l’inviolabilità della libertà personale intesa anche come libertà di scelta. E’ infatti noto che molte famiglie pongono la vita al di sopra di ogni altro valore accogliendo nelle loro famiglie figli affetti da malattie: tale libertà non può essere superata da una scelta “normativa” che esclude a monte una simile facoltà lasciando ogni decisione in capo ai medici.
Scegliere di impiantare nelle donne un embrione piuttosto che un altro, cioè stabilire una distinzione tra esseri umani di serie A sani e di serie B malati, dunque da ‘scartare’, rappresenta un passo gravissimo di selezione eugenetica di stampo squisitamente ideologico, oltre che una palese violazione dei diritti umani, primo tra tutti quello alla vita, la cui tutela non dipende dalle condizioni di salute del soggetto, ma dal suo stesso esistere come essere umano.
[Quanto al diritto alla salute: non è logicamente subordinato al diritto alla vita? E se anche non lo fosse: non sarà il titolare di un diritto così personale a dover decidere su di esso? ndr].
Olimpia Tarzia
DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI
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