Riportiamo qui di seguito il discorso integrale pronunciato da Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro Vita & Famiglia, durante il convegno “Eutanasia: vite da scartare? Il dovere della società di fronte alla sofferenza”, organizzato proprio dalla Onlus e da Euthanasia Prevention Coalition con la collaborazione di Family Day, Centro Studi Livatino, Amci, Forum Ass. Sociosanitarie e Movimento per la Vita, presso la Sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale, a piazza Montecitorio.
Cari amici,
mentre la pandemia miete vittime e l’intera società cerca di salvare più vite possibili, alcune realtà politiche e associative cercano di imporre all’Italia una paradossale priorità: l’eutanasia.
Il tema dell’eutanasia è certamente “sensibile”. La sofferenza fa paura e talvolta c’è la tentazione di considerare la morte come l’unica soluzione in determinate circostanze, o almeno come quella ‘preferibile’. Tuttavia, l’eutanasia è una soluzione solo apparente, ed è irricevibile sia per ragioni etiche che per le incalcolabili conseguenze che potrebbe avere sul tessuto sociale e sul ruolo della medicina nella cura dei sofferenti.
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Con una mano ti tolgono il diritto alla salute, tagliando sulla sanità pubblica, disincentivando quella privata, abbandonando i medici di famiglia, tagliando posti letto, terapie intensive, i servizi sociali a sostegno di disabili e malati cronici, investendo briciole sulla ricerca medico-scientifica per le malattie rare o quelle neurodegenerative come il parkinson, l’alzheimer…
E con l’altra mano? Semplice: con l’altra mano offrono l’eutanasia e il suicidio assistito. Rendono il vivere più difficile e più pesante, affinché le persone siano indotte a preferire la morte. Forse arriverà un giorno (non troppo lontano) nel quale saremmo chiamati a giustificarci per rimanere in vita
Perché spendere soldi pubblici per un anziano o un malato che non lavorano, non producono? Vite “indegne”, le chiamano. Se decide di morire, invece, possiamo risparmiare quei soldi per vite più.. “degne”. Non dobbiamo cascare nell’inganno della cosiddetta “dolce morte”. È un piano preciso per eliminare i più fragili dalla società. Ogni vita è sempre degna di essere vissuta. Se è affetta da una grande sofferenza, da un male forse inguaribile, ciò non significa che la società debba smettere di prendersi cura del sofferente e di chi soffre accanto a lui (familiari, parenti, amici, assistenti sociali…).
Pro Vita & Famiglia è fermamente contro l’eutanasia e il suicidio assistito per una serie di ragioni chiare, precise, scientifiche, sociologiche.
In conclusione, se l’Italia si appresta a dover decidere se legalizzare o meno l’eutanasia, è veramente il caso che ciò avvenga con un dibattito pubblico ampio, libero ma soprattutto onesto. I promotori del referendum e delle proposte di legge non ci presentino l’ipocrita rassicurazione di soppressioni ‘controllate’ e solo in ‘casi gravissimi’ di ‘sofferenza intollerabile’.
L’esperienza dimostra che questi ‘paletti’ sono destinati a saltare nel giro di poco, per i motivi già trattati. Si dica onestamente che si vuole legalizzare il diritto di chiunque, al di là di qualsiasi condizione fisica o psichica, di essere ucciso in maniera controllata e, per così dire, ‘dignitosa’.
Si dica onestamente che si vuole semplicemente abolire l’imperativo morale del ‘non uccidere’, e compiere l’ultimo passo verso la piena ‘autodeterminazione’ individuale. L’esito di una così infernale operazione non potrà però che essere una ulteriore degradazione del valore morale della vita umana, che l’intera società pagherebbe a caro prezzo.
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